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Cronaca

Ladri in casa del geometra infedele, la tangente è una porta blindata: «Il lavoro te lo pago doppio»

Pagamenti gonfiati, poi raddoppiati per farci rientrare le tangenti, fino ad arrotondare con qualche altro migliaio di euro messo lì come fossero soldi del Monopoli

«Tu mi hai mandato il conto di tutto,…di tutto no!…il ciaffo,…di 6.620 euro più iva….ok?…più quel ciaffo mio, metti 5.380 euro ,…12.000 euro più il 22% più l’iva…io adesso ti ho fatto due buoni da 4.900, quindi siamo a 9mila e qualcosa, dopo se dobbiamo arrotondare a 15mila vediamo, non è mica un problema ok?».

Con quanta tranquillità si parlava di tangenti negli uffici ai piani alti di Palazzo del Popolo ad Ancona e con quanta maestria si spostavano soldi pubblici dalle casse del Comune per accontentare gli imprenditori amici di Bonci, arrestato con l’accusa di corruzione aggravata. In questa conversazione intercettata dalla Polizia infatti, il geometra anconetano piazzava 6mila euro della pubblica amministrazione in un appalto da consegnare a Tittarelli, che poi lo avrebbe ricompensato con il “ciaffo”. Che cos’è? Un portone blindato da installare a casa di Bonci, la stessa del bagno da 35mila euro. Non si sentiva più sicuro dopo che c’erano stati i ladri, derubato anche di una telecamera, che poi Bonci aveva pensato bene di “recuperare” sotto forma di mazzetta (GUARDA IL VIDEO).

Tutti gli indagati e gli arrestati 

Simone Bonci, dunque, con una certa premura si accertava di affidare un appalto già gonfiato all’impresa edile Tittarelli C. & Sas. Insieme all’imprenditore si metteva a fare i conti alla scrivania e poi, dopo aver magicamente raddoppiato la cifra della spesa pubblica, gli prometteva anche di arrotondare perché «non è mica un problema, io il doppio te lo pago questo lavoro, dopo vediamo se ci devo mettere altri 2/3mila euro, 5mila euro».

Dunque, pagamenti gonfiati, poi raddoppiati per farci rientrare le tangenti, fino ad arrotondare con qualche altro migliaio di euro messo lì come fossero soldi del Monopoli. E andava anche bene quando si trattava di lavori che le ditte amiche sapevano fare, cosa che non era affatto scontata. Infatti, Carlo Pinto in primo pianosecondo quanto ricostruito dalla Squadra Mobile, diretta dal capo Carlo Pinto (foto a sinistra), insieme alla sezione giudiziaria della Municipale, Bonci, tra i vari, aveva in mano anche appalti per incarichi di ristrutturazione di immobili in città e, rivolgendosi ad un collega geometra, anch’egli indagato, diceva di voler chiedere un preventivo a Tittarelli, lasciando il collega perplesso perché Tittarelli non era specializzato per quel tipo di lavoro. «Cosa ci fai con un preventivo se poi tanto il lavoro non lo sa fare?» chiede il collega a Bonci, che taglia corto: «Vedremo». 

Insomma, dalle intercettazioni emerge come non solo diversi dipendenti comunali fossero a conoscenza di un modus operandi sistematico e collaudato, ma che Bonci aveva poteri illimitati da sfruttare fino alla fine. Si muoveva senza prudenza e senza che alcun dirigente controllasse i conti. Ma possibile che nessuno sapesse? Possibile che nessuno avesse mai maturato un dubbio sul geometra infedele? Eppure, su quei documenti sequestrati dalla Polizia, ci sono le firme di dirigenti e funzionari, pagati dai cittadini migliaia di euro al mese per esercitare, tra gli altri, il compito di controllo. 

Ecco l'elenco di tutti gli appalti truccati per una cifra di circa 300mila euro 

Se si sapesse o no è tutto da dimostrare, ma che gli inquirenti abbiano delineato un quadro probatorio in cui il controllo fosse vicino allo zero è certo. Altrimenti, come sarebbe stato possibile per Bonci compiere per mesi certe evoluzioni finanziarie in un’amministrazione pubblica come quella di Ancona? Al punto che, con riferimento ad alcune determine relative ai pagamenti di Tittarelli e Duca, il geometra, senza freni, affermava di voler fare “cifra para per tutti”. A farlo ragionare su quanto sarebbe stata rischiosa un’operazione del genere, un altro suo collega che suggerisce: «Fai 4.950, 4.930, 4.850» e Bonci si mette a suddividere gli importi dicendo che avrebbe dovuto cambiarli per non destare sospetti.

Insomma, per gli inquirenti, Bonci non solo accettava tangenti in cambio di favori negli appalti, ma lo faceva senza mai ruotare i soggetti privati, indicando prezzi di appalti già gonfiati del doppio del valore dei lavori da realizzare. Una parte delle uscite sarebbe poi ritornata sotto forma di tangente, mentre l’altra avrebbe compensato il ribasso dell’offerta d’asta presentata dall’azienda, prestatasi a quello che ormai sembra un malaffare diffuso e di cui, già domani, gli arrestati dovranno rispondere di fronte al Gip in sede di interrogatorio di garanzia

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