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Cronaca

Altro che mela marcia, "accordo di malaffare ben più ampio": «Qui c'è il pane, sono soldi subito e facili»

Il geometra non si è fatto alcuna remora a palesare i suoi traffici neppure quando, venuto a conoscenza di un procedimento penale nei suoi confronti, si sfoga con una collega in una vera e propria confessione

Se un imprenditore amico sentiva il bisogno di assaggiare una fetta della torta degli appalti pubblici anconetani non c’erano problemi. Bastava rivolgersi a Simone Bonci, il geometra addetto al servizio “Manutenzioni frana e protezione civile”, finito in carcere con l’accusa di corruzione aggravata e difeso dall’avvocato Riccardo Leonardi (foto a sinistra). Era lui a foraggiare un cartello di imprese amiche e lo faceva in due modi: l’adozione di riccardo leonardi-3varianti ai progetti iniziali o l’erogazione di compensi per lavori inesistenti o comunque mai eseguiti. «In questo lavoro c’è il pane, sono soldi subito e buoni» dice Bonci in un’intercettazione telefonica dell’agosto scorso, quando, per la Polizia, il geometra stava sollecitando l’imprenditore Tittarelli ad indicare un preventivo più alto delle opere da realizzare ed accettare così un appalto, di fronte al quale il privato sembrava titubante. E’ Bonci ad essere nella posizione più grave nell’inchiesta sulla corruzione in Comune perché, secondo le accuse della Procura di Ancona, è stato lui ad aver preso tangenti per 40mila euro in cambio di favori. Ma lo scandalo che ha scosso l’intero capoluogo di regione non sarebbe ritratto dall’immagine del geometra capace di agire con riserbo, nell’ombra di chiunque gli fosse accanto. No, tutt’altro. A parte il fatto che i pm titolari dell’inchiesta rinominata “Ghost jobs” Ruggiero Dicuonzo e Valentina D’Agostino, oltre ai 5 arresti, hanno anche indagato 30 persone, tra cui 4 assessori. Ma poi nell’inchiesta della Squadra Mobile e della Polizia Municipale risulta come, a Palazzo del Popolo, in diversi sapevano, legittimavano quel sistema corruttivo o, nella migliore delle ipotesi, facevano finta di niente. Ecco perché nell’ordinanza con cui il Gip Sonia Piermartini accoglie la richiesta di misura di custodia cautelare in carcere per Bonci e dei domiciliari per i 4 imprenditori, si parla di “un accordo di malaffare ben più ampio del piccolo nucleo racchiuso nei capi di imputazione”. Altrimenti come si spiegherebbe il fatto che Bonci, intercettato nei suoi uffici, parlasse liberamente di tutti i traffici di denaro in favore delle stesse 4 imprese edili con altri dipendenti comunali? Geometri, progettisti dei lavori, colleghi dipendenti con i quali poi preparava i prospetti alterati da inviare ai dirigenti, i quali firmavano, dando il via all’elargizione materiale del denaro alle solite 4 ditte presunte corruttrici. Quindi tutti sapevano? 

Sapeva di essere indagato e parla con i colleghi: "Una confessione"

Bonci non si è fatto alcuna remora a palesare i suoi traffici neppure quando, venuto a conoscenza di un procedimento penale nei suoi confronti, si sfoga con una collega e si preoccupa dei “giochetti” nella gestione degli appalti, rilasciando quella che il Gip riconosce come una vera e propria confessione.

«Praticamente è stati fatti degli atti dove sono state pagate con altri fondi, cioè con i fondi cimiteriali, sono stati pagati i fondi del Passetto»

«Una parte dei lavori effettuati al Passetto da Molini erano stati liquidati con i fondi del parcheggio Traiano che non c’entra un ca… nemmeno con i cimiteri»

«Lavori non fatti al cimitero, quello è il problema»

La battuta: «Quando andremo in galera...»

Già, perché se servivano dei soldi, Bonci non ci avrebbe messo molto ad affidare appalti per dei lavori mai esistiti se non su carta, a falsificare le stime degli appalti e aggiudicando appalti per opere sovrastimate o spostando risorse avanzate in certi appalti su altre opere dove gli faceva più comodo. A volte ci si rideva anche su, come quando un dipendente degli uffici, messo di fronte ad una delle magie contabili attuate da Bonci per trovare i soldi per farsi il bagno di casa nuovo, aveva esclamato: «Così quando vanno in galera hanno tutti gli stati firmati!».

«Lì abita Manarini, fate bene i lavori»

Insomma, non c’era nessun pudore in “un sistema ormai collaudato e sostanzialmente condiviso, che consentiva di utilizzare in maniera impropria di finanziare nuovi lavori, somme che residuano da precedenti appalti o affidamenti, senza effettuare i passaggi contabili ed amministrativi necessari, all’occorrenza creando intenzionalmente lavori fittizi per foraggiare le imprese amiche che poi ricambiavano con utilità varie”. Ogni tanto spuntava un lavoretto e Bonci alzava subito il telefono per dare la buona nuova alle “4 sorelle” del cartello anconetano. Come quando c’erano 4.500 euro al cimitero di Candia per montare una canalina, «è una ca...ta proprio, mezza giornata è fatto», diceva Bonci a Molini. Altri 9mila euro per l’impermeabilizzazione del parcheggio Traiano o per sistemare il cimitero di Varano, per il quale Bonci si raccomandava con Molini di lavorare bene perché «lì abita l’assessore Manarini».

Verso gli interrogatori di garanzia

Ora però c’è da capire chi sia davvero coinvolto in tutto questo. Sott’indagine è finito tutto l’ufficio Manutenzioni, dall’assessore Paolo Manarini in giù, ma, oltre gli imprenditori, l’unico accusato di corruzione è Bonci, ora in carcere: «E’ provato, deve leggere gli atti, chiarirà tutto» ha detto il suo legale, l’avvocato Riccardo Leonardi, che aspetta lunedì, quando i 5 arrestati potranno chiarire le loro posizioni durante l’interrogatorio di garanzia con il Gip. Nel frattempo resta un quadro accusatorio pesantissimo, in cui pubblici ufficiali e privati si accordavano per derubare le casse del Comune di Ancona in modo sistematico e tutt’altro che occasionale, visto che, come emerge dalle intercettazioni, Bonci faceva “progetti” e, parlando di “un futuro prossimo”, diceva a uno dei suoi corruttori: «No, non sarà l’ultima cosa che faremo insieme…». 

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