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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Casa del sesso gestita da una donna, sfruttava quattro connazionali: a processo

E' una 50enne cinese accusata anche di aver indotto le squillo a seguire un codice di comportamento

ANCONA – Le avrebbe ospitate e insegnato loro anche un codice di comportamento da utilizzare con la clientela da cui si facevano pagare. Le squillo, tutte orientali, avrebbero poi versato i compensi direttamente nel conto corrente bancario riconducibile alla loro sfruttatrice. E' finita a processo la maitresse delle Grazie, quella che gestiva una casa del sesso e scoperta nell'aprile del 2018 dalla sezione giudiziaria della polizia locale, con il maggiore Marco Caglioti. La donna, 50 anni, cinese, è accusata di induzione e sfruttamento della prostituzione di almeno quattro connazionali tra i 45 e i 50 anni. Nell'appartamento, intestato ad un anconetano ma dato in affitto alla cinese, erano arrivati i vigili urbani, che stavano indagando in un giro di case di appuntamento per il sesso a pagamento. In città in quel periodo ne erano state scoperte altre. Arrivare anche all'abitazione delle Grasse era stato semplice. Un agente si era finto cliente, aveva risposto ad un annunciato su un apposito sito, concordando anche la tariffa per la prestazione sessuale ma poi aveva tirato fuori il distintivo.

La 50enne era stata sottoposta ad un fermo ed era finita in carcere, a Villa Fastiggi di Pesaro. Ieri la polizia locale doveva testimoniare in aula, davanti al collegio penale presieduto dalla giudice Francesca Grassi e davanti al pm titolare dell'inchiesta, Rosario Lioniello. L'imputata però non si è presentata, sarebbe irreperibile, e nemmeno i suoi difensori. Tutta la relazione sull'indagine è stata acquisita e l'udienza è stata aggiornata al 30 novembre prossimo per la discussione e la sentenza. Stando alle accuse la cinese accusata mandava avanti il giro di squillo almeno dal 2015. Le prestazioni sarebbero arrivate a costare anche 100 euro. La ricostruzione della sua partecipazione al giro è stata possibile dai quattro cellulari che le furono sequestrati e che furono analizzati dal perito della procura, Luca Russo. 

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