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Cronaca

Approcci hard su un minore e materiale pedopornografico a casa, il custode al giudice: «Il bambino ha frainteso»

Il dipendente comunale, finito agli arresti domiciliari, si è difeso nell'interrogatorio di garanzia davanti al gip. In due occasione, a bordo di un autobus, avrebbe avvicinato un 12enne chiedendogli una prestazione sessuale

ANCONA – Sono arrivati al lavoro, lunedì mattina, in una piscina comunale, dove era in servizio, per notificargli gli arresti domiciliari. Era presto quando i carabinieri della Stazione di Ancona Principale, lo hanno portato via. Chi lo accusa è un bambino di 12 anni che avrebbe subito ben due tentativi di approcci sessuali a bordo di un autobus della linea urbana ¼. Il primo risale ad ottobre dello scorso anno. Il secondo sette mesi dopo, a maggio, sullo stesso bus e allo stesso ragazzino. Troppo per essere una coincidenza. Il dipendente comunale, 60 anni, da tempo in servizio per l'amministrazione pubblica come custode e addetto alle pulizie di diversi centri sportivi della città, oggi ha provato a difendersi nell'interrogatorio di garanzia sostenuto davanti al gip Carlo Masini e al pubblico ministero Andrea Laurino che coordina le indagini dei carabinieri. «Quel bambino ha frainteso» avrebbe detto non sottraendosi alle domande del giudice che gli chiedeva conto su due pesanti accuse, la detenzione e diffusione di materiale pedopornografico (aggravato per l'ingente quantità) e tentati atti sessuali con un minorenne. Proprio i due tentativi di approccio andati a vuoto lo hanno messo nei guai perché il minorenne si è confidato con la mamma, indicando per ben due volte, con una ricca descrizione, sempre lo stesso adulto che lo avrebbe avvicinato di pomeriggio, a bordo dell'autobus. Il 60enne gli avrebbe chiesto una prestazione sessuale, non ci sarebbero stati approcci di tipo fisico, solo a parole, bisbigliate al bambino che si è rifiutato. Risalire alla sua identità non è stato semplice per gli uomini dell'Arma, diretti dal comandante Antonio Saracino, che hanno dovuto lavorare su più fronti perché la semplice descrizione del minore non era sufficiente.

I due infatti non si conoscevano e il ragazzino non avrebbe mai frequentato nemmeno gli impianti sportivi dove lavorava il 60enne. Le indagini sono iniziate ad ottobre dello scorso anno quando il 12enne ha raccontato alla mamma di essere stato avvicinato da un uomo con atteggiamenti non equivoci e finalizzati al compimento di atti sessuali. Dopo sette mesi il 12enne sarebbe stato nuovamente avvicinato dalla stessa persona e nello stesso autobus di linea della volta precedente. In entrambe le occasioni i genitori si sono rivolti ai carabinieri per denunciare. Identificato il 60enne è stata avviata una attività di indagine finalizzata a raccogliere ulteriori elementi a suo carico. Ad agosto è stata fatta una perquisizione in casa del custode, su ordine della Procura dorica, dove è emersa una situazione ancor più grave. Nell'abitazione sono stati trovati centinaia di file e foto di natura pedopornografica, anche datata nel tempo. C'erano riviste a tema, ritagli di giornali che ritraevano minorenni. Il materiale è stato posto tutto sotto sequestro come anche alcuni telefoni cellulari utilizzati dall'uomo. Da qui le indagini sono state approfondite attraverso la "Cyber Investigation", una vera e propria attività di indagine informatica eseguita sui dispositivi elettronici sequestrati, che ha consentito di trovare altre centinaia di foto e video che l'uomo avrebbe acquisito telematicamente. Sono in corso approfondimenti al fine di verificare se vi è stata anche divulgazione in favore di altri soggetti. Le indagini proseguono al fine di individuare le responsabilità di eventuali altre persone coinvolte nonché accertare se altri minorenni siano stati vittima dei medesimi comportamenti che si ipotizzano compiuti dalla stessa persona. Il 60enne per ora rimane ai domiciliari. Il Comune è stato avvisato subito della misura cautelare disposta al dipendente, per evitare che continuasse a frequentare ambienti dove vanno anche molti minorenni, perché ristretto a casa non poteva più garantire il lavoro da svolgere.

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