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Cronaca Valle Miano / Via Valle Miano

Pandemia e sicurezza, palestre dimenticate: «Sta fuggendo via la speranza»

Fatturato giù di oltre il 90% negli ultimi 12 mesi. Le palestre non lavorano da fine ottobre e la zona rossa le costringe a rinunciare ai mesi "clou" che preparano all'estate

I macchinari sono spenti e raggruppati tra di loro, in giro ci sono ancora gli spray e i panni che i tesserati utilizzavano dopo ogni allenamento per pulire l’attrezzo fitness. Stefano Falcicchio, socio e amministratore delle palestre “Corpus 2” di Vallemiano e “Corpus 3” di Torrette racconta gli otre 4 mesi di totale chiusura imposta ai centri sportivi di tutta Italia dalle misure anti-Covid. In oltre 130 giorni le palestre non hanno avuto un “apri e chiudi” come i luoghi di ristorazione e le conseguenze sono ben immaginabili: affitti, utenze e (in alcuni casi) noleggio di macchinari da pagare a fronte di un fatturato praticamente azzerato.

L'oblio di una palestra | VIDEO 

«La speranza sta fuggendo via»

Nella struttura di Vallemiano l’eco della voce di Stefano basterebbe a far capire l'atmosfera. Le date di possibili riaperture hanno via via lasciato spazio alla zona rossa: tutti di nuovo chiusi e, nel caso delle palestre, quel “di nuovo” si traduce in un amaro “ancora". Niente fitness proprio nei mesi che da sempre preparano alla prova costume: «Ci sta sfuggendo di mano la speranza» spiega l’amministratore del centro sportivo. «Il nostro  fatturato negli ultimi 12 mesi è calato del 90, anche 95%, mentre a livello di affitto e utenze paghiamo tra i 50 e i 60mila euro.  I ristori sono serviti a poco o nulla, al massimo ci abbiamo saldato qualche affitto». Quando si riaprirà?: «Al di là se ripartiremo o meno il 6 aprile, la gente forse non verrà perché avrà ancora paura e ai nostri iscritti dovremo far recuperare i mesi persi. Vuol dire che praticamente per un anno lavoreremo gratis, mentre le  spese continueranno a essere le stesse». In alcuni casi, spiega Stefano, c’è chi approfitta di buchi nelle norme e nei controlli pur di continuare a lavorare: «Ci sono attività che tesserano qualunque tipo di cliente come “professionista” e quindi per legge possono restare aperte, perciò tu vedi persone in sovrappeso o di oltre 60 anni tesserate come se dovessero fare gare di body building. Questo fa ridere ed è frutto di una mancanza di controlli».

Come si riaprira?

I centri “Corpus” contano complessivamente 1.000 iscritti. L’unico dipendente è in cassa integrazione, gli istruttori sono collaboratori esterni: «Quando riaprirò non è escluso che faremo dei tagli alle ore e chissà, forse anche ai corsi» spiega Stefano. Palestre discriminate? «Io vado al supermercato a fare spesa, non conosco nessuno, c’è un sacco di gente e non so’ chi ha fatto il tampone o no- commenta il titolare- in palestra dovevi prenotarti, firmare una autocertificazione e allenarti a scaglioni. Nel nostro caso 33 persone all’ora in 1.700 metri quadrati. Se veniva fuori un positivo, eravamo perfettamente in grado di tracciare la situazione e avvisare chi si era allenato in quella fascia oraria». Per evitare contagi, dopo il primo lockdown Stefano, come altri titolari di palestre, ha speso in sicurezza: plexiglass, disinfettanti per sanificare gli attrezzi: «Mille o duemila euro se ne sono comunque andati». 
 

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