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Cronaca

Carenza di protezioni e 50 dipendenti in meno: «Abbiamo dovuto ridurre i servizi»

Il presidente di Anconambiente Antonio Gitto fa il punto sulla situazione dell'azienda e sul servizio della raccolta rifiuti in questo periodo di emergenza Coronavirus

Su 300 dipendenti l’azienda ha a disposizione 50 persone in meno, di cui 25 in cassa integrazione, mentre gli operatori ecologici attivi non possono operare a pieno regime. Si pensi solo ad un fatto: per fare una raccolta di rifiuti, se prima erano in 2 su un solo mezzo, ora per essere in coppia si deve uscire con 2 mezzi. Dunque tutta la filiera del servizio è rallentata. Per questo Anconambiente ha dovuto fare delle scelte chiare e strategiche. In primis dare priorità alla raccolta dell’organico e della indifferenziata che non può aspettare. Anche per questo Anconambiente intensificherà in questi giorni di festa i ritiri dei rifiuti umidi e indifferenziati.

«E’ evidente che ci sono dei disservizi - ha spiegato il presidente di Anconambiente Antonio Gitto in una intervista ad AnconaToday - Siamo aperti per forza perché eroghiamo un servizio pubblico essenziale: spazzamento e raccolta rifiuti, che oggi più che mai garantisce salute ai cittadini. Se non teniamo pulito creiamo un disagio alla salute dei cittadini. Ma un conto è raccogliere l’indifferenziato e l’organico, che è più difficile da tenere in casa e hanno un impatto maggiore sulla quotidianità, altro conto sono plastica, vetro e carta e non possiamo fare tutto».

Quali sono i problemi? «Intanto il personale, pur venendo a lavorare, deve fare distanziamento sociale. Abbiamo lo smart working, ma c’è chi viene in ufficio, chi deve fare il giro della città e deve farlo a distanza. Pensi soltanto agli spogliatoi, dove gli ingressi ora devono essere scaglionati. Inoltre, proprio per lo stesso problema, se prima su un camion di raccolta andavano in 2, adesso devono prendere 2 camion per non stare troppo vicini. E’ chiaro che questo comporta la rinuncia ad usare i mezzi per altri servizi». 

Dunque inevitabile fare delle scelte. «Per forza. Abbiamo dovuto ridurre alcuni servizi, per cui adesso, mentre la raccolta di organico e indifferenziata non ha subito modifiche, plastica , carta e vetro le facciamo una volta a settimana e capita anche che non si faccia con regolarità. Altra cosa è che abbiamo deciso di stoppare del tutto la raccolta degli ingombranti per un motivo semplice: diamo per scontato che se uno butta un armadio o un divano è perché lo acquista nuovo e crediamo che adesso non ci siano tutti questi acquisiti per la casa. Poi abbiamo chiuso il Centro ambiente».

Ma con i dipendenti che indossano di Dpi non si poteva tenere aperto? «Infatti qui arriva il secondo grosso problema: ci mancano gli strumenti di protezione, su tutti le mascherine. Avevamo fatto un ordine di 15mila mascherine che non ci sono arrivate perché la Protezione civile le raziona e giustamente la priorità è per gli ospedali. Per ora ce ne sono arrivate 2mila, secondo la disponibilità di protezione civile, a monte mascherine e guanti. Quindi io il Centro Ambiente avrei anche potuto tenerlo aperto, ma lei si immagina cosa significa oggi tenere lì 2 persone a turno, che significa l’uso di 4 mascherine al giorno, che in una settimana sono 30 mascherine che mi servono su altro».

Qualcuno potrebbe obiettare che, se tenete fermi dei servizi, allora ce lo avete il personale da mandare in strada a fare la raccolta differenziata. «A parte il fatto che adesso noi abbiamo l’esigenza e l’urgenza di occuparci anche della sanificazione, che prima del Coronavirus non c’era, e poi no perché la maggior parte dei lavoratori ha una qualifica molto specializzata. Per farle un esempio, l’operatore che si occupa dei rifiuti ingombranti non si può occupare dell’altra differenziata perché ci vuole una formazione specifica e deve poter guidare un mezzo diverso».

Insomma alla fine c’è un vero sottorganico. «Sì, ma sono 50 su 300 dipendenti, contando tutto: ferie, malattie, congedi parentali, permessi retribuiti e cassa integrazione. Anconambiente ce la fa ad andare avanti, sono ottimista, certo non possiamo mettere la nostra azienda sul piano degli ospedali: non posso sbattere i pugni sul tavolo per avere un camioncino in più, ma ho già sollecitato la Prefettura per avere maggiori dispositivi di protezione per mandare avanti un servizio essenziali alla cittadinanza, quello sì».

Voi avete anche avuto un caso di positivo al Covid. «E mi risulta essere stato l’unico caso e per fortuna sta bene di salute». 

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