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Cronaca

Maxi raggiro nella vendita di immobili, i soldi in nero finivano a San Marino: 9 i denunciati

Nei guai i funzionari di una banca riminese che, come "spalloni", portavano il denaro nella Repubblica del Titano per poi farlo rientrare illecitamente in Italia

Milioni di euro in nero ricavati dalla vendita di immobili e 'parcheggiati' in una fiduciaria nella Repubblica di San Marino. Questi gli illeciti ricostruiti dalla Guardia di finanza di Rimini con l'operazione 'Brick broken', che ha già portato alla denuncia di nove persone e nell'ambito della quale oggi i finanzieri hanno eseguito un decreto di sequestro per equivalente emesso dal gip riminese Vinicio Cantarini per oltre 7,6 milioni di euro. Il provvedimento, spiegano le Fiamme gialle, è in corso di esecuzione "anche nella Repubblica di San Marino, a cura delle competenti autorità estere interessate per rogatoria internazionale".

Tutto è partito dal fallimento, risalente al settembre del 2017, di un noto gruppo societario in provincia di Rimini, costituto da una galassia di 12 società operanti nel settore dell'edilizia residenziale, le cui costruzioni si trovano principalmente nelle province di Rimini, Bologna, Ferrara, Forlì, Pesaro e Ancona, si spiega. Dalle indagini, coordinate dal sostituto procuratore Paolo Gengarelli e svolte dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria attraverso ispezioni contabili, indagini tecniche e rogatoria internazionale a San Marino,è emerso che le società "avevano sistematicamente sottofatturato la vendita degli immobili, ricevendo dai clienti milioni di euro in nero tra il 2006 e il 2010". Per impedirne l'individuazione, le somme venivano versate in una banca di Rimini, e alcuni funzionari dell'istituto, "come gli spalloni del secolo scorso, hanno a piu' riprese attraversato il confine e portato in una fiduciaria del Titano il denaro, riconducibile per mandato fiduciario a due degli indagati", aggiunge la Gdf. La fiduciaria depositava poi le somme in un suo conto in una banca sammarinese, da dove partivano poi bonifici verso un conto corrente nella banca riminese e intestato sempre alla fiduciaria estera. Da questo conto i soldi venivano investiti in obbligazioni della stessa banca riminese, operazioni "documentate da ricevute fatte ad hoc per fare schermo e impedire la riconducibilità dei soldi agli illeciti fiscali commessi dagli indagati, a capo del fallito gruppo edile".

Questo meccanismo, spiegano i finanzieri, "consentiva di nascondere il flusso monetario illecito, che appariva un mero trasferimento di fondi della fiduciaria da un conto estero ad un conto italiano". Il coinvolgimento della banca locale "ha giocato un ruolo di particolare rilievo", dato che il presidente pro-tempore del Cda dell'istituto "ha ricoperto, nel contempo, anche la carica di presidente del Collegio sindacale della principale società fallita e quella di consulente fiscale di fatto dell'intero Gruppo di imprese", consentendo di fatto alla banca di "beneficiare, tra l'altro, anche dei fondi occulti, investiti prevalentemente in obbligazioni emesse dalla stessa banca e, dunque, direttamente destinati a finanziare l'attivita' bancaria dell'istituto", proseguono le Fiamme gialle. In sintesi, i soldi così camuffati- si è accertato un flusso di oltre 20 milioni di euro- sono stati "sottratti illecitamente al fallimento del gruppo riminese", danneggiando gravemente i creditori e l'Erario. Ecco perchè, al termine delle indagini, la Procura ha chiesto e ottenuto dal gip un provvedimento di sequestro preventivo, anche per equivalente, nei confronti dei principali indagati, su "disponibilità finanziarie, detenute anche attraverso intestazione fiduciaria, e beni mobili e immobili" fino a raggiungere la somma di 7,6 milioni di euro. Scendendo nel dettaglio delle contestazioni mosse ai nove indagati, le Fiamme gialle fanno sapere che il patron del gruppo edile è sotto inchiesta per bancarotta fraudolenta e omesso versamento delle imposte, mentre al tesoriere, a due membri del collegio sindacale, uno dei quali è stato presidente pro-tempore del Cda della banca coinvolta, e al genero del patron è contestata la sola bancarotta fraudolenta. Per riciclaggio sono invece indagati invece due funzionari di banca e il fratello del titolare, mentre il responsabile dell'area controlli della banca e' sotto indagine per favoreggiamento, per aver ostacolato le indagini.

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