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Cronaca Jesi

Pistola in faccia ad un bambino: «Ti faccio esplodere la testa». Condannato

Imputato un 23enne. Dovrà scontare due anni e quattro mesi per rapina. Sotto la minaccia dell'arma avrebbe derubato il minore per vendetta

JESI - La minaccia con la pistola ad un bambino di 12 anni gli costa una condanna per rapina aggravata a 2 anni e 4 mesi. È arrivata lunedì la sentenza per un egiziano di 23 anni. Tutta colpa dei campanelli suonati per scherzo. L’imputato, dopo quella goliardata, era sceso in strada con una pistola in mano. «Ti faccio esplodere la testa», avrebbe detto al 12enne, il primo di un gruppo di bambini che aveva raggiunto, rincorrendoli, in via San Marcello, infastidito dallo scherzo che i ragazzini gli avevano fatto, suonando al citofono della sua abitazione. Il fatto risale al 22 febbraio scorso. Il 23enne era stato arrestato. Lo straniero era in casa quella sera, quando attorno alle 20.30 era stato disturbato dal suono del campanello. Non era la prima volta che gli facevano quello scherzo. Svegliandosi di soprassalto aveva deciso di vendicarsi così era  in strada con una pistola scacciacani, priva di tappo rosso, replica fedele di una Beretta 92 calibro 9, simile a quella in dotazione alle forze dell’ordine. Voleva intimorire quel gruppetto di ragazzini, tutti 12enni ma correndo ne aveva raggiunto solo uno. Prima lo avrebbe aggredito a calci, facendolo cadere a terra, poi, sotto la minaccia della pistola lo avrebbe costretto a consegnargli la felpa che indossava, allontanandosi infine a piede.

Il bambino aveva telefonato al 112 correndo poi a casa dalla madre. Immediato l’intervento sul posto dei carabinieri del Radiomobile i quali, grazie alle informazioni acquisite a caldo, erano subito riusciti ad individuare l’autore, raggiunto nella propria abitazione. L’imputato, difeso dagli avvocati Emanuele Senesi e Giorgio Marchetti, è stato condannato con il rito abbreviato. Il giovane aveva sostenuto di aver voluto solo spaventare il bambino e la felpa era stata presa come pegno per farlo tornare con i genitori e dire loro il fastidio che creava il figlio.

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