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Cronaca

Sanremo chiama, Jimmiloom dice no: «Non ci andrò, vi spiego perché»

A poche settimane dalla pubblicazione del nuovo singolo il giovane artista racconta il suo avvicinamento alla musica, ma anche a quel “no” che non ha paura di rimpiangere

L’offerta era una di quelle irrinunciabili per chiunque ma non per lui. Simone Bortoluzzi, in arte Jimmiloom, è un 24enne anconetano che ha detto no alla possibilità di partecipare alla prossima edizione di Sanremo Giovani. L’offerta era arrivata un paio di mesi fa via mail da un’etichetta bolognese che aveva ascoltato le sue canzoni su Youtube e Spotify, ma l’artista ha declinato: «In quell’ambiente non mi ci vedo e comunque prima di venire fuori voglio lavorare passo dopo passo su me stesso».  Jimmiloom non ha solo rifiutato Sanremo, ma anche due contratti di collaborazione con altrettante etichette rispettivamente di Bologna e Salerno. Il motivo? Lo stesso: «Credo sia necessario fare degli step da soli prima di lanciarsi con una casa discografica». Il cantante anconetano si è raccontato a poche settimane dall’uscita di “Soffritto”, l’ultimo singolo disponibile anche su Spotify: «che ovviamente non parla di cucina- scherza l’artista- ma delle difficoltà che si incontrano nella vita e di come svaniscono quando le si affrontano». 

Simone è uno studente di giurisprudenza a Bologna, ma con la sua Ancona sempre nel cuore. La folgorazione per la musica è arrivata a 18 anni con i brani di Paolo Nutini: «Lui è stato il passaggio dal semplice ascoltare musica da appassionato all’ispirazione vera e propria. Mi ha intrigato il suo modo di scrivere i testi e l’approccio alla musica. Ha fatto tre album trattando tre generi musicali diversi e questo aiuta a crescere, a non fare sempre le stesse cose in un mondo in cui spesso ci si sottomette alle etichette». Da quel giorno Simone ha preso la chitarra e ha imparato a suonarla da autodidatta, ha preso lezioni di canto e ha deciso di diventare Jimmiloom aprendo anche una pagina facebook con il suo nome d’arte. La via del successo? E’ appena iniziata e si concluderà solo con gli spartiti e con i tempi che deciderà lui. Il primo singolo pubblicato si chiama “In movimento”: «E’ una canzone scherzosa, con l’approccio proprio alla “Paolo Nutini”, ma è stato il modo di rompere il ghiaccio perché quello che ho scritto dopo ha sempre riguardato la sfera più riflessiva». Poi è stata la volta di “Matilde” da cui è stato tratto anche un videoclip durante il soggiorno Erasmus a Lisbona: «E’ il mio ultimo brano, pubblicato su Spotify lo scorso giugno. Matilde è una ragazza immaginaria che raccoglie il carattere di diverse persone che ho conosciuto. Non vuole crescere e sta a casa sul divano a guardare i cartoni ma allo stesso tempo fuma le sigarette perché vuole sentirsi grande». Adesso c’è “Soffritto”: «Parla delle scale e dei gradini come metafora delle difficoltà semplici della vita, quelle che un po' abbiamo tutti e che vengono superate dopo l’attraversamento della sofferenza e della crisi. Questo però ci permette di crescere». Il titolo può suonare bizzarro: «Sono partito dal concetto dei sapori che scompaiono in un soffritto, li possiamo accostare ai nostri stati d’animo che mettendosi in gioco si trasformano in fretta». E se un giorno tra le sofferenze da affrontare ci fosse quella del rimpianto per non aver detto sì a un’etichetta discografica? «La mia paura è che ci sia anche un po' di speculazione sugli artisti emergenti, ti chiedono dei soldi per essere tutelati a livello di progetto ma poi non sai se quell’investimento andrà poi a fruttare. In questo caso mi sono stati chiesti 400 euro, oltre al trasferimento dei diritti d’autore, ma la grande perplessità l’ho avuta sul contratto quinquennale che mi avevano offerto entrambe le etichette. Restare vincolati per 5 anni è tanto, considerando che 5 anni fa neppure suonavo. E poi ripeto, vorrei farcela con le mie forze anche se è dura».  
 

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