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Cronaca Senigallia

Senigallia, la "Chiesa" #staconMax: parroci in visita dal malato di Sla

A casa per trovare Max Fanelli sono arrivati anche i parroci di Senigallia don Giancarlo e don Paolo, che hanno fatto una foto con il malato di Sla sostenendo #iostoconmax, ma pur sempre fedeli ai principi fondamentali del loro credo

Due parroci senigalliesi incontrano Max Fanelli. E’ accaduto ieri quando don Giancarlo e don Paolo, hanno risposto ad un invito di Max, il 53enne senigalliese malato di Sla ormai da tempo in lotta perché in Italia si possa aprire una discussione sul fine vita e legalizzare l’eutanasia. Come naturale che fosse, Max e i due uomini di fede sono partiti da due visioni differenti della vita. Da una parte quella della Chiesa, per la quale la vita é un dono di Dio e l'uomo deve custodirla dal primo all'ultimo respiro. Dall’altra Max per cui l'uomo é unico responsabile e proprietario del proprio corpo, da cui il principio dell'autodeterminazione. 
E’ stato approfondito il termine ‘eutanasia’ condividendo come il suo significato sia quasi sempre male interpretato ed influenzato da tabù religiosi e culturali. La domanda che ha guidato l'incontro é: «Fino a quando la vita é accettabile e qual é il limite oltre il quale l'accanimento terapeutico non é più considerabile come una soluzione dignitosa ed accettabile?».

Max parlato molto della sua esperienza e ha cercato di far capire perché si possa arrivare a punto di chiamare la propria un “non vita” e lo ha fatto illustrando due aspetti pesanti per chi, come Max, è già stato privato di diverse possibilità e diritti. Il primo é che quando ha accettato la tracheotomia ancora nutriva speranze di sopravvivenza. Ora che, dopo 11 mesi ha perso tutte le funzioni motorie tranne l'occhio destro, non può più rinunciarvi e se perdesse anche quello non sarebbe più in grado di comunicare i propri pensieri. Il secondo é che lo strumento che usa per comunicare non viene riconosciuto valido per manifestare le sue volontà dal punto di vista notarile, per una legge del 1931. «Una vera aggressione ala libertà, alla dignità ed all'autodeterminazione di un uomo» l’ ha definita il 53enne. Alla fine Don Giancarlo e don Paolo hanno fatto una foto con il malato di Sla sostenendo #iostoconmax ma pur sempre fedeli ai principi fondamentali della religione cattolica

«Penso che questo momento possa considerarsi storico, e rappresenti un ideale per come anche le tematiche più delicate come quelle sul fine vita, possano essere affrontate con coscienza e spirito critico costruttivo, anche da attori che partono da presupposti così diversi, se affrontati con l'accettazione incondizionata del diverso e spoglia di vincoli pregiudizievoli. Una cosa difficile nella società in cui viviamo. Mi auguro che la Chiesa continui il cammino iniziato da don Giancarlo e don Paolo». 

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