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Martedì, 30 Aprile 2024
Salute Fabriano

Come funziona l'Unità di medicina trasfusionale: dentro al reparto insieme al responsabile

A tu per tu con il direttore UOC Medicina Trasfusionale Senigallia-Jesi-Fabriano Giuseppe Furlò

FABRIANO - L’Unità Operativa di Medicina Trasfusionale “Maria e Aristide Merloni” del nosocomio fabrianese, è oggi guidato dal Direttore UOC Medicina Trasfusionale Senigallia-Jesi-Fabriano Giuseppe Furlò, che ha ricevuto il testimone dalla dottoressa Maria Paola Corinaldesi responsabile/referente di Fabriano. E' il nuovo direttore proveniente dall’Area Vasta 1, ed in passato dirigente medico dell’Azienda Ospedaliera “Grande Ospedale Metropolitano” di Reggio Calabria, a fare il punto sul funzionamento dell'Unità. 

Nonostante difficoltà incontrate all'atto della donazione, in particolare durante la pandemia, il Centro  Servizio Trasfusionale ha tenuto testa bene a questa situazione?

«Il periodo pandemico ha causato una flessione nelle donazioni, dato comune in Italia, e gradualmente stiamo risalendo la china; rimane ancora una calo nella produzione di plasma che insieme all’AVIS stiamo cercando di risolvere. Il plasma è infatti la risorsa strategica ed insostituibile da cui si ottengono i farmaci emoderivati; si ha una carenza di tali farmaci a livello internazionale quale effetto secondario della pandemia (è crollato il principale produttore…che era il mercato americano). Oggettivamente devo dire che il lavoro effettuato comincia a dare segnali di miglioramento, ringrazio l’AVIS di Fabriano ed un plauso particolare lo devo fare anche all’AVIS di Sassoferrato, piccola, ma che negli ultimi mesi ha effettuato una riorganizzazione significativa. Così, abbiamo mantenuto e superato i valori dell'anno assegnando unità di sangue all’Ospedale Profili di Fabriano, al Centro di Coordinamento Regionale, agli Esterni compreso l'attività ambulatoriale oltre alle sacche di plasma destinate alla produzione di emoderivati». Il centro trasfusionale «offre la garanzia di tutela del donatore e di sicurezza del ricevente una gran quantità di servizi al donatore che vanno da una serie di analisi complete, a garanzia di massima sicurezza per il ricevente,  con il personale medico ed infermieristico impegnato all’accoglienza adeguata dei donatori volontari che profonde massimo impegno nell'accettazione dei benemeriti volontari Avis e riesce ad evitare che si creino situazioni negative che poi si ripercuotono sui donatori».

Le difficoltà degli scorsi anni riguardanti la carenza di personale sanitario?

«Sono parzialmente superate, rimane comunque un problema di rilevanza nazionale e non sanabile solo a livello locale. Sicuramente una migliore organizzazione ed il continuo dialogo fra ospedale ed AVIS potranno essere d’ausilio per tamponare criticità. In realtà, negli anni scorsi si sono verificate esperienza negative per carenza di personale (poi recuperate ndr) che hanno comportato una perdita di donazioni. Disservizio che, sempre in quel caso aveva creato pure un forte malumore nei disponibilissimi Donatori, motivato anche dalla delicata congiuntura in cui si trovano e si trovano ad operare le realtà produttive del nostro territorio: chiedere e ricevere permessi per andare a donare, oggi non è più tanto scontato come una volta».

Per cui, fatto salvo il mantenimento dell’esistente, quali elementi sono utili per innalzare il livello dell’offerta dei servizi, sia come personale, sia come strumentazione?

«La raccolta di emocomponenti rappresenta un obiettivo strategico, di rilevanza sovra-aziendale;  insieme ad AVIS abbiamo margini di miglioramento qualitativo che permetteranno successivamente di attestarci su migliori livelli quantitativi: la gestione del donatore, della sua convocazione, l’utilizzo di flessibilità abbinata alla tecnologia (informatica, social, internet ecc) possono e devono diventare strumenti utili per continuare in un percorso di crescita.  Inoltre in tal modo si potrà migliorare il parametro fondamentale del “basso indice donazionale”, ancora al di sotto degli standard previsti. Il Centro Trasfusionale, ha in animo di promuovere iniziative, considerata anche la massima disponibilità della Sezione Avisina tra le più grandi in rapporto tra popolazione a donatori. Sicuramente daremo tutto il supporto tecnico-scientifico di cui AVIS necessita; siamo disponibili al dialogo con le scuole, le aziende private, settori della pubblica amministrazione, le associazioni di volontariato del territorio e con i club service che vorranno aprire le loro porte e condividere con noi l’importante percorso di solidarietà del volontariato del sangue e della donazione».

Qual è il funzionamento dal punto di vista strettamente ospedaliero?

«Dopo il monitoraggio dello stato dell’arte, è mia intenzione intervenire sul buon utilizzo degli emocomponenti donati attraverso percorsi appropriatezza, avere come riferimento scientifico gli standard e le Linee Guida in vigore, incrementare l’ambulatorio trasfusionale oltre che per le trasfusioni anche per la terapia marziale ev, con il Patient Blood Management, evitando la “trasfusione evitabile”. Infine, ma di estrema importanza ed attualità, l’utilizzo degli emocomponenti per uso non trasfusionale: rappresentano il presente ed il futuro della medicina rigenerativa, vengono preparati anche a Fabriano, ma oltre alle indicazioni ortopediche o chirurgiche, sono ancora poco noti e poco utilizzati in ambito oculistico. Nei prossimi mesi cercherò di intraprendere un dialogo costruttivo con i colleghi al fine di permettere cure adeguate e moderne, a casa propria, per la popolazione del territorio». 

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