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Dietro i rincari della pasta, il produttore: «Momento più difficile nei 30 anni di azienda»

Le ragioni e le tempistiche che hanno portato all'inflazione dei costi di produzione della pasta. L'ad di "Luciana Mosconi" spiega cosa sta succedendo

ANCONA - A settembre la carenza di semola di grano duro, vista la carenza di materia prima dal Canada. A novembre c’è stato l’aumento del costo delle uova fresche, a causa dell’influenza aviaria. La situazione geopolitica e il rincaro di carburanti sta facendo il resto. Tradotto, la pasta costa di più anche se sia i produttori locali che la grande distribuzione cercano di assorbire, e quindi contenere sul prezzo al cliente, un’inevitabile inflazione: «L’inflazione reale che si è prodotta negli ultimi mesi ha toccato i 90 centesimi al chilo, noi abbiamo tentato gradatamente di riversare sul mercato meno della metà di questo valore, circa il 30%». A parlare è Marcello Pennazzi, amministratore delegato del pastificio “Luciana Mosconi”. L’azienda produce pasta della linea secca nello stabilimento di Matelica e quella fresca proprio ad Ancona. «E’ uno dei momenti più difficili che ho vissuto nei 30 anni di questa azienda- commenta Pennazzi- i rincari ci sono stati su tutti i fronti, a maggio abbiamo cominciato con il rialzo dei prezzi degli imballaggi e cioè carta e plastica. Poi c’è stato l’aumento delle materie prime e il riequilibrio tra produzione post-Covid e gli stoccaggi a livello mondiale hanno fatto la differenza». Sul fronte della domanda, nel caso dell’azienda marchigiana, Pennazzi spiega che la domanda è scesa di circa il 6% considerando l’ultimo trimestre. 

Materie prime, ma anche energia: «Abbiamo incamerato gli aumenti degli ultimi mesi, ma si è prodotta comunque un’inflazione reale che abbiamo tentato, con mesi di ritardo, di assorbire per riversarne sul cliente anche meno della metà» aggiunge Pennazzi. Prospettive future sui prezzi alla vendita? «Per chi produce pasta il momento veramente importante è quello del prossimo raccolto- spiega il manager- aspettiamo gli sviluppi, soprattutto quantitativi, della semola di grano duro. Noi usiamo 100% prodotti italiani, ma le carenze di grano prodotto nel mondo si ripercuotono inevitabilmente sul mercato nazionale. Aspettiamo le quotazioni di luglio e agosto, anche in termini di uova perché bisogna ricordare che con la penuria dei cereali (e quindi del cibo per le galline) aumentano anche i costi di quei prodotti. Capiremo di più a settembre, ma temo che prima del prossimo anno non si tornerà a una maggiore stabilità».  
 

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