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Coronavirus, il grido d'allarme delle palestre: «Non vogliamo morire di fame»

I titolari dei centri fitness chiedono «aiuti concreti al Governo» dopo l'ultimo Dpcm che ha imposto la chiusura generalizzata del mondo del wellness

«Pronti a fare sacrifici ma il Governo ci aiuti veramente». È il grido di allarme lanciato dagli imprenditori del mondo wellness della territorio anconetano. Un settore, quello di palestre, centri fitness e centri benessere, che da anni rappresenta una delle più interessanti novità economiche del territorio con un tasso di crescita del 18% su base triennale e che ad oggi conta solo nella provincia di Ancona oltre 250 imprese e migliaia di addetti (dati Cna Territoriale di Ancona). Un settore finito nel mirino del Governo, anche se si tratta di imprese che più di altre hanno investito migliaia di euro nell’adeguamento dei propri protocolli di sicurezza anti-contagio e che la chiusura nel periodo invernale può significare perdite tra il 40 e l’80% del fatturato. Un dramma raccontato dagli imprenditori stessi.

«È una situazione altamente destabilizzante – dice Claudia Principi, titolare del brand Happiness, con 3 palestre in provincia di Ancona e 60 dipendenti -. Prima ci chiedono l’adeguamento e minacciano controlli, poi ci chiudono senza appello. Nelle nostre attività abbiamo investito oltre 40mila euro per l’adeguamento di tutti i protocolli. E prevediamo un calo del fatturato fino al 40%. La scrupolosità nei nostri luoghi di attività è sempre stata massima, con un lavoro anche di educazione alla clientela sulle norme da osservare». «Non vogliamo morire di fame – tuona Stefano Falacchio, titolare del centro Corpus -. Ci siamo indebitati nel primo periodo di chiusura per permetterci di proseguire l’attività ed adeguarci. E in cambio abbiamo ricevuto pochi spicci dal Governo e dalla Regione. Capiamo che si tratta dina situazione straordinaria e siamo pronti a fare dei sacrifici. Ma come tale richiediamo contributi straordinari allo Stato».

«Incomprensibile, inaccettabile ed irricevibile il trattamento riservato ad alcune categorie economiche, palestre, bar e ristoranti e coloro che operano nel campo dello spettacolo -interviene il direttore Cna territoriale di Ancona, Massimiliano Santini -. Lo stesso primo ministro, che qualche giorno fa con un profilo tollerante aveva esortato al rispetto dei protocolli, si è poco dopo puntualmente smentito impendendone il loro libero esercizio pur in presenza dei protocolli anti-Covid, in forza della presunzione che quell’ambiente o in quell’arco temporale fosse ad alto richiamo contagio da Covid. La Cna si aspetta parte di chi dovrebbe trasmettere pochi messaggi, chiari ed applicabili in un contesto oltremodo complesso ed in costante evoluzione, un atteggiamento più serio, coerente e condiviso, perché diversamente faremo fatica a svolgere il nostro lavoro in maniera altrettanto responsabile, dichiarando fin da ora che, alla luce del trattamento riservato al mondo della rappresentanza, sapremo senza dubbio da che parte stare». Le richieste del settore sono chiare: moratoria su mutui e sulle utenze, proroga degli affitti, cassa integrazione. «Sarebbe opportuno – conclude Claudia Principi – pensare ad un bonus wellness per la riapertura. Un beneficio economico a chi svolge attività fisica, poiché la nostra attività rappresenta un presidio salutare per le persone e quindi per tutto il sistema sanitario. Chi fa sport sta meglio di altri».

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