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Stop al calcio ma solo quello femminile: «Perché noi sì e loro no? E' discriminazione»

L'Ancona Respect, settore del calcio femminile dell’Apd Antirazzista Assata Shakur fanno sapere di essere rimaste sgomente di fronte a quella che loro definiscono una scelta politica discriminatoria

“E' con profondo sgomento che giovedì sera, appena iniziato il nostro allenamento, abbiamo appreso la decisione dell'ennesimo rinvio del campionato regionale di eccellenza femminile, già unico tra i campionati regionali a non essere ancora neanche programmato, nonostante la stagione sia già iniziata da due mesi”.

Inizia così un comunicato stampa dell’Ancona Respect, settore del calcio femminile dell’Apd Antirazzista Assata Shakur, con cui le ragazze doriche fanno sapere di aver abbandonato l’allenamento in segno di protesta. Non tanto per lo stop in sé, dovuto alle nuove norme di prevenzione del Covid, quanto per il fatto che, allo stesso livello, quello maschile non si è dovuto fermare. Una scelta politica della regione per l’associazione anconetana, che prosegue nel descrivere il proprio sgomento:

“Data la gravità dell'attuale situazione socio-sanitaria, sempre più pesante di giorno in giorno, accetteremo di buon grado la sospensione a data da destinarsi del nostro campionato, se non fosse che il campionato di eccellenza regionale maschile, già con acclarati casi di positività e numerose partite rinviate, è potuto invece continuare. I due campionati, almeno sulla carta, dovrebbero essere parigrado. Quale motivo di sicurezza sanitaria impedisce lo svolgersi di una competizione femminile a cinque-sei squadre, mentre quella maschile con più del doppio delle società può continuare? Per quale motivo possono andare avanti anche i gironi di Promozione e persino il campionato Juniores, per quanto riguarda il maschile, quando le uniche cinque-sei squadre femminili marchigiane devono invece trovarsi costrette all'ennesimo rinvio del campionato? Questa è una decisione senza nessun fondamento scientifico. Bensì una scelta politica della Regione Marche. Appena lo abbiamo saputo, in segno di protesta, abbiamo abbandonato di comune accordo tra società e calciatrici l'allenamento. Sconcertate dalla mancanza di rispetto nei nostri confronti. Ci siamo fermate quando ci hanno chiesto di fermarci. Abbiamo ricominciato, quando ci è stato detto che era di nuovo possibile. Ci alleniamo da giugno, con estenuanti sforzi organizzativi ed economici pur di allenarci seguendo strettamente ogni tipo di protocollo e raccomandazione. In sicurezza e garantendo l'accesso allo sport a vecchie e nuove tesserate, in questi tempi difficili. Ci siamo preparate alla stagione attuale, rassicurate ogni volta sulla ripartenza delle competizioni ufficiali. Ci rendiamo conto del mutare della situazione. Ma pur sforzandoci, non troviamo il fondamento scientifico per la quale migliaia di uomini possono continuare a giocare a calcio mentre un centinaio di donne devono fermarsi. Non troviamo altra motivazione se non quella politica che, ancora nel 2020, pone un elemento di discriminazione rendendo di sociale interesse il proseguo del campionato maschile e non del campionato parallelo femminile. Esigiamo da parte della FIGC una presa di posizione netta di contrasto e opposizione a ciò che nelle stanze della rinnovata classe politica regionale è stato deciso. Vogliamo rimanere fiduciose. Auspichiamo che la decisione venga rivista affinché venga ristabilita la pari dignità di genere. Non possiamo davvero pensare che una discriminazione di questo tipo possa ancora esistere al giorno d'oggi. E se le cose dovessero essere confermate, abbiamo allora una proposta diversa: chiamiamoci campionato femminile amatoriale, se l'Eccellenza nella nostra Regione è diventata appannaggio dei soli uomini”. 

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