Galleria Puccini: Annaclara Di Biase, "In her dress"
Annaclara Di Biase parla delle donne e dei loro umori mascherando le figure iperrealiste con una materia che entra prepotentemente a far parte delle fibre tessili del supporto valorizzandone il significato. La maschera e il vestito sono mezzi eloquenti sotto ai quali possiamo celare la nostra vera identità assecondando i capricci di una società vacua e materialista, ma allo stesso tempo possiamo assumerli come un corazza dorata che faccia risplendere, esaltandola, la nostra vera personalità.
Nella ricerca di Annaclara il mezzo fotografico, quello pittorico, e il video non si contrappongono, bensì si fondono insieme creando un linguaggio adatto a ritrarre donne che in realtà sono una sola, poiché si serve sempre e solo di un'unica modella, che si moltiplica nei gesti e nel tempo trasmettendo l'universalità delle sue azioni, in un cammino orizzontale attraverso tutte le epoche della nostra umanità. Azioni che appaiono banali, ma che vengono caricate di un significato che ha lo scopo di trascendere lo stereotipo, annientandolo. L'immedesimazione passa anche attraverso le problematiche proprie della nostra società: i grandi temi del secolo contemporaneo inducono l'artista a riflettere sulla conflittualità che si genera tra la donna, il cibo, e il prototipo di bellezza che ci viene imposto rendendoci schiave di un Dio sconosciuto. Quest'ultima tematica avvicina Annaclara ad una grande artista inglese come Jenny Saville, la quale ha fatto del tormentato rapporto tra la donna e il suo corpo il suo principale campo di ricerca.
L'artista riesce a creare un linguaggio del tutto indipendente ed originale che grazie alla sua immediatezza riesce a coinvolgere anche il pubblico meno esperto, dirigendo un dibattito che dalla moda, alla corporeità, fino ad arrivare al ruolo sociale femminile ci fa sentire tutte "In Her Dress", ovvero in quell'abito col quale tutte le donne prima o poi dovranno fare i conti e decidere se indossare o meno. (Giulia Naspi)
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Il mio lavoro nasce dall'interesse verso la malleabilità del corpo femminile in quanto materia e oggetto privilegiato di consumo estetico. La mia pratica artistica risponde all'esigenza di mettere in discussione le nozioni di identità, percezione e interpretazione. La costruzione di identità effimere, attraverso l'impiego di vestiti di seconda mano e accessori, diventa, nella mia poetica, un modo per sfuggire ai modelli preesistenti e dare origine ad uno spazio nel quale non sono più gli stereotipi a definire l'identità. La messa in scena diventa un atto privato, una prova segreta e la maschera crea uno spazio intimo che favorisce tanto l'introspezione quanto la proiezione verso l'esterno. Altro elemento caro alla mia poetica è il cibo poiché esiste una relazione di interdipendenza tra "il corpo rivestito" e il "corpo alimentare": la forma regolata che il vestito conferisce al corpo può essere pregiudicata dall'introduzione eccessiva o carente di nutrimento. Gli alimenti come pure gli oggetti domestici, sono carichi per me di funzione evocativa e spesso diventano vere o proprie appendici del corpo e manifestazioni del mondo interiore. I linguaggi che utilizzo sono il video, la pittura, la fotografia e il mixed media. (Annaclara Di Biase)