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All'inferno e ritorno: «L'anoressia si combatte amandosi». La guerra di Costanza diventa un libro

Costanza Mignanelli racconta la battaglia contro i demoni dell'anoressia. "Il coraggio di piacersi", edizioni Amazon, è un messaggio chiaro: «Abbiate il coraggio di amarvi e piacervi»

ANCONA - Costanza è bellissima, ha la bellezza di chi ha fatto un bagno all'inferno ed è tornata in superfice. Ha preso carta e penna e ha deciso di raccontare come si sta laggiù, come si risale, ma soprattutto come quella battaglia contro il demone dell'anoressia ti cambia fuori e dentro. Per aprirsi si affida alla scrittura. Scrive di notte. Un classico quando deve parlare di se stessa. Nasce così "Il coraggio di piacersi", il suo primo libro edito da Amazon e acquistabile online. 

Il demone

La frangetta cade su una testa «difficile da scuotere», gli occhi ogni tanto scappano ancora via. «Ho deciso di scrivere questo libro dopo il periodo dell'ospedale, gennaio 2016. Appena rientrata a casa, qualche giorno dopo le dimissioni, mi è venuto naturale prendere un quaderno e buttare giù pensieri- spiega- non mi sentivo pronta, ma ne sentivo il bisogno. Il bisogno di far uscire delle cose che non erano venute fuori con i medici, con la psicologa, con i miei e con chi mi stava intorno. Sentivo che potevo essere sincera solo con un libro». La parte più dura della battaglia, spiega "Costi", è stata durante i primi due giorni di ricovero. Non sapeva a cosa sarebbe andata incontro mentre il suo corpo si faceva carico di cinquantacinque chili per un metro e settantacinque centimetri e nella sua testa banchettavano fantasmi: «Sentivo il profumo delle persone, dei detersivi, tutto quello che era "profumo" veniva ingigantito dalla mia mente fino a farmi venire la nausea. Era come se il mio cervello volesse trovare un modo per ingannarmi e non farmi mangiare. Mi si bloccava lo stomaco, bruciori a non finire, mal di testa. Non riuscivo proprio a uscire da questo circolo anche se volevo. Ne sei dentro talmente tanto, anche fisicamente, che è come un cane che si morde la coda. Avevo bisogno di qualcuno che mi portasse fuori rompendo quello "schema". Nei primi due giorni il difficile è stato proprio far entrare altri in quella battaglia contro un demone che ti diceva di fare tutt'altro».  

il coraggio di piacersi

Gli altri 

«Il pericolo è lasciarsi morire, appena entrata in ospedale ho visto una ragazza e poco dopo non l'ho più vista. Aveva 14 anni». Sempre in ospedale, "Costi" ha conosciuto un'altra giovane con quello stesso demone. Un "manichino che camminava". «Avevo voglia di abbracciarla, ho visto lei senza rendermi conto di avere lo stesso probema, pesava 39 chili ed era alta come me. Effetto? Choc, panico, perché mi sono detta che "se devo mettere anch'io il sondino per alimentarmi piuttosto mi ammazzo"». Mangiare? Ancora non era un'opzione in quella voragine nera. Mamma Franca è stata la sua "colonna portante". Si è imposta lei il 27 dicembre dopo aver visto "Costi" alzarsi in piedi dopo un pranzo di famiglia davanti a 20 persone e gridare: "Dovete portarmi in ospedale perché io sto male". «E' stata lei ad accorgersi che qualcosa non andava. Lei cercava di portarmi verso le cure e si è imposta per il ricovero. L'ha vissuta tutta». L'ha vissuta anche papà Ivo, anche sei in modo diverso: «Non viveva con noi, quindi non poteva esserci in quei "non pranzi", "non cene" e "non colazioni" nella quotidianità di una persona malata». Anche Niccolò, fratello minore, ha pagato dazio: «Quando mi dicevano "mangia" era come se attirassi attenzioni su di me e le togliessi a lui, ne aveva bisogno e mi sono sentita un po' egoista. Mi dispiace, con il senno di poi posso dire che ha sofferto molto, anche come fratello, perché all'inizio mi vedeva rifiutare l'aiuto di tutti». Molti però in quella guerra hanno anche avuto paura: «Avevano paura di me, non è una critica, è che non sapevano come trattare questa malattia. Tutto si riduceva a un "sei troppo magra, Costi!", e in ospedale non ho ricevuto nessun tipo di visita se non quella dei miei genitori. E' difficile starti vicino quando ti chiudi, ero in un loop che avrei potuto rompere solo ascoltando voci che erano fuori dalla cerchia di comfort. Ma non è stato così. In quel momento ero sola, ma è stata anche la mia forza. Io oggi non ho paura, so di avere dentro di me gli strumenti per affrontare tutto». 

La luce

«Ho capito che ne stavo uscendo nei due anni successivi alle dimissioni. In ospedale non ti rendi conto, non sei lucido, sai che hai fatto un passo, ma appena esci ti chiedi: "qual è la normalità? Cosa c'è ora?». Già. Ora? Ora c'è un lavoro in una grande azienda, con un titolare che lei stessa definisce un "secondo papà": «Il lavoro mi ha salvato la vita, ha accelerato il mio recupero, perché mi teneva impegnata. E' stato però un percorso lungo. Non puoi pensare che in 5 anni con la testa programmata in un modo, azzeri e riprogrammi tutto in pochi mesi. Non funziona così. Non ho avuto il ciclo per un anno, quando è tornato ho pianto. Il mio corpo stava finalmente bene». Oggi, per la Costi di ieri, c'è un messaggio chiaro e tondo: «Amati!». E per chi legge il libro? «Ci vuole coraggio a piacersi con i problemi che abbiamo oggi, sembra banale ma non parlo solo di estetica. I disturbi alimentari prescindono dall'immagine. Spero che con il ibro si capisca che "ne puoi uscire e dipende solo da te"».

"Quando scrivo mi rifugio a casa, da sola, e mi vesto. Mi vesto bene. Ho un appuntamento importante. Esco con me". "Costi" è tornata dall'inferno. Più bella che mai. 

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