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L’importanza del saper perdere, coach Mazzanti in assemblea con gli studenti del Cambi

Il tecnico dell’Italvolley femminile campione d’Europa ha raccontato la sua esperienza agli studenti del Cambi in un convegno sul tema dello sport organizzato dal Rotary Club Falconara

Il primo passo verso la vittoria risiede nella sconfitta. E non è solo una frase fatta. Lo ha spiegato, partendo proprio dalla sua esperienza, coach Davide Mazzanti nel corso del convegno “Dalla sconfitta alla vittoria” organizzato dal Rotary Club di Falconara all’Istituto Comprensivo Cambi-Serrani. Il tecnico fanese campione d’Europa con l’Italvolley femminile si è anche sottoposto ad una serie di domande da parte degli studenti rimasti attenti e concentrati in tutto lo sviluppo dell’evento coordinato da Tarcisio Pacetti e dal giornalista Giacomo Giampieri:

«Ogni volta che entro a scuola mi piace parlare di vittoria e di sconfitta rapportate soprattutto a quando avevo la vostra età. Sono il terzo di tre figli, forse il più viziato, e ho sempre fatto una gran fatica a perdere. Ho provato tutti gli sport, perdevo e cambiavo. Sono arrivato così alla pallavolo con il motto, dentro casa, che era campioni si nasce e non si diventa. Non era facile insomma».

Poi, come svelato, il passaggio fondamentale della sua vita sportiva e non solo: «Quando terminai le scuole medie mi consigliarono o un lavoro o un professionale, scelsi il professionale anche per far contenti i miei. Un giorno, scrivendo un tema, esordì con “ho scelto la scuola degli stupidi…” raccontando la mia storia. La professoressa mi disse, con estrema sincerità, che i giudizi negativi su di me dati fino a quel momento erano tutti sbagliati. Fu un momento di svolta e mentre proseguivo gli studi ad Ancona a Ingegneria la passione per la Pallavolo cresceva forte dentro di me».

Un cammino fatto di cuore, studio e aggiornamento continuo. Anche in solitaria: «A Marotta vidi da vicino la Nazionale Juniores, scelsi di fare l’Isef con mia madre che mi lasciò libero quindi di iniziare il mio percorso da allenatore. Nascere nelle Marche è stata una grande fortuna, ero circondato da grandi allenatori e talvolta seguivo i loro allenamenti da solo in tribuna. Poi con Lorenzo Micelli approdai in Serie A e arrivò di lì a breve la chiamata di Ravenna come head coach». La conclusione è una confessione che si ricollega perfettamente al titolo dell’incontro:

«Dopo il primo allenamento mi sono messo a piangere, ho creduto di non farcela. Mi sentivo inadeguato e ho sempre cercato di capire quale fosse il genere vincente. Ero certo di non arrivare ma poi, giorno dopo giorno, mi convinsi che non esisteva un genere vincente bensì uno stile e quella cosa cambiò la mia vita. Tendiamo a vivere le nostre fragilità come una sfortuna ma quelle fragilità possono farci trovare risorse importanti per farci uscire dalle situazioni negative. La ricerca del mio stile non finirà mai, neanche dopo l’Europeo vinto. L’incertezza ci rende persone in grado di apprendere e ci fa diventare speciali».

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