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Cia Marche, battaglia-trasparenza vinta: parte “Granaio Italia"

L’attivazione, dal primo luglio, del registro telematico sulle giacenze dei cereali costituisce un risultato che la Cia Italia inseguiva da mesi, attraverso attività sindacale, petizioni e mobilitazioni

Finalmente parte “Granaio Italia”. L’attivazione, dal primo luglio, del Registro telematico sulle giacenze dei cereali era ormai non più procrastinabile. Un risultato che la Cia Italia inseguiva da mesi, attraverso attività sindacale, petizioni e mobilitazioni. «Bene che il Governo abbia stretto i tempi per iniziare a riportare trasparenza sui mercati - dichiara il Presidente Cia Marche Alessandro Taddei - la tracciabilità dei grani italiani è da tempo tra le priorità della Confederazione, a partire dalla petizione nazionale “salva-grano, arrivata a oltre 75 mila firme, messe nero su bianco sul documento consegnato alle istituzioni, anche in occasione della mobilitazione del 26 ottobre, per porre un freno concreto alla crisi del comparto, tra costi di produzione alle stelle e caro-prezzi. Ora è fondamentale che la tracciabilità non sia solo una responsabilità degli agricoltori, ma dell’intera filiera».

Prossimo passo, come confermato da Cia Italia, l’introduzione di uno strumento di certificazione dei costi di produzione per definire, in modo chiaro, anche i termini di contrattazione. «C’è in gioco il nostro patrimonio cerealicolo, che nelle Marche - spiega il Presidente - rappresenta il vero e proprio traino della nostra agricoltura. Basti pensare alla pasta, simbolo del Made in Italy nel mondo con quasi 4 milioni di tonnellate di produzione nazionale annua e un fatturato sui 7 miliardi di euro». Resta il grande problema della produzione “in perdita”. «Da un lato abbiamo un consumatore che chiede sempre di più prodotti 100% italiani, dall’altro - si sfoga Taddei - le quotazioni dei maggiori cereali sono imbarazzanti per gli agricoltori».

Oggi, considerando le ultime quotazioni sul grano duro pari a circa 34 euro al quintale e le rese degli agricoltori di circa 30 quintali a ettaro, si arriva di fatto a una produzione lorda vendibile di 1.100 euro a ettaro, ma con costi di produzione di gran lunga superiori ai 1.400 euro a ettaro. «Se a questo aggiungiamo un progressivo e preoccupante calo delle superfici coltivate a grano duro e gli ormai evidenti effetti dei cambiamenti climatici – prevede Taddei – si prospetta nel 2024 per la nostra Regione e per tutto il Paese un raccolto tra i più bassi di sempre».

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