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L'Ue fa dietrofront: salvi Verdicchio, Lacrima e Vernaccia

Stop alla proposta di liberalizzare i nomi dei vitigni fuori dai luoghi di produzione. Esulta Coldiretti: "Rischio danni d'immagine sventato"

Il pericolo per i nostri vini è scongiurato. O quasi. Alla Commissione Eurpea si va verso il dietrofront sulla proposta di liberalizzare i nomi dei vitigni al di fuori dei luoghi di produzione. L'atto avrebbe messo in seria difficoltà produzioni come quella del Verdicchio di Jesi e di Matelica, della Lacrima di Morro d'Alba e della Vernaccia di Serrapetrona. Come? Dando la possibilità ai produttori fuori dalla zona del disciplinare di utilizzare il nome del vitigno. Un esempio. Un vino per chiamarsi Verdicchio dei Castelli di Jesi deve essere prodotto con "uve del vitigno Verdicchio, presente in ambito aziendale, per un minimo dell’85%" ed essere coltivato nei Comuni della Vallesina (24 Comuni tra le province di Ancona e Macerata). Liberalizzando il nome del vitigno a livello europeo i consumatori avrebbero potuto trovare sugli scaffali di supermercati ed enoteche "Verdicchio" tedesco o sloveno. Un pericolo per i nostri produttori che del territorio e della qualità hanno fatto la loro bandiera. 

Nell'ultima seduta dell'Europarlamento, il direttore generale Joost Korte ha annunciato che proporrà al commissario per l'Agricoltura, Phil Hogan, il ritiro dell'atto sul vino. Il pericolo non è ancora scampato nero su bianco ma qualche schiarita si intravede. Esulta Coldiretti. «Il futuro della nostra agricoltura dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività territoriali che sono state la chiave del successo nel settore del vino dove hanno trovato la massima esaltazione – sottolinea Tommaso Di Sante, presidente di Coldiretti Marche - È dunque positivo sventare il rischio di una pericolosa banalizzazione di alcune delle nostre Doc più prestigiose». Nelle Marche, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat, sono attive complessivamente 14.200 aziende, per una superficie complessiva di circa 16.200 ettari. L’80% delle uve raccolte viene utilizzato per la produzione dei venti vini riconosciuti a denominazione di origine.

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