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L'impatto dell'insabbiamento dei porti turistici sulla blue economy: «C'è la soluzione»

Per il candidato uno dei paradossi da affrontare è vedere una risorsa fondamentale come i porti turistici diventare, purtroppo, un vero e proprio "tallone di Achille"

«Un importante nodo da sciogliere nella nostra regione è sicuramente il paradosso che vede una risorsa fondamentale come i porti turistici diventare, purtroppo, un vero e proprio "tallone di Achille". La conformazione geografica delle coste e dei fondali nella sponda italiana del Mare Adriatico, come di tante altre parti della costa nazionale, fa si che i porti siano soggetti all'insabbiamento delle imboccature e le spiagge ogni anno flagellate dal fenomeno dell'erosione dovuta alle mareggiate. Si tratta in entrambi i casi di aspetti che frenano l'espansione del settore (la Blue Economy vale 1,3% del PIL nazionale), sui quali, peraltro, è stata scarsamente richiamata l'attenzione dei Pubblici Amministratori locali. Finora l'attenzione delle PA per i porti turistici si è soffermata sul loro valore di "aggregatori sociali", grazie al quale sono aumentati il numero degli eventi e delle iniziative organizzate nelle infrastrutture a terra». A spiegarlo è Mirkò Bilò, candidato al consiglio regionale nella lista della Lega. 

«Se questo ha fatto bene al settore degli eventi, ha tolto agli stessi porti la possibilità di essere sfruttati nel pieno del loro potenziale, soprattutto da coloro che usano le imbarcazioni a fini diportistici, ludici, sportivi e vacanzieri (armatori e loro famigliari, atleti, turisti). Con fondali non adeguatamente dragati, solo pochi tipi di barche possono accedere ai porti (non quelle a vela che hanno maggiore pescaggio, ad esempio). E questo causa perdite, apparentemente invisibili, all'indotto del territorio per vari motivi: diminuisce il fatturato delle società e circoli nautici che non possono più vendere o affittare posti barca senza l'adeguato pescaggio, cala il numero delle imbarcazioni in transito che non hanno più la possibilità di ormeggiare in quel determinato porto, di conseguenza i circoli si trovano con bilanci in rosso che vanno necessariamente a penalizzare gli investimenti degli stessi in ambito sportivo (non hanno più soldi per pagare allenatori, consulenti, preparatori e trasferte per le loro squadre agonistiche), di conseguenza, se vengono a mancare i transiti dei naviganti vacanzieri, le strutture ricettive e gli esercizi commerciali della zona avranno una flessione del fatturato, cala l’offerta di servizi per i turisti (meno transfer e noleggi di imbarcazioni per aree naturalistiche marine, meno charter, meno scuole per imparare la navigazione e di vela), si penalizzano l'immagine e il “movimento” di un territorio che, nel medio-lungo termine, porta alla graduale riduzione dei visitatori (a nessuno piace vedere un porto turistico pieno di barche "prigioniere" o con i posti barca vuoti). Ma esiste una soluzione semplice all'insabbiamento dei porti, ed è il "dragaggio"; è una operazione di escavo e rimozione degli accumuli eccessivi di sabbia sul fondale in modo da aumentare il pescaggio. Purtroppo il dragaggio dei porti non avviene con la necessaria regolarità a causa di una burocrazia lenta e farraginosa. I tempi di affidamento dell’opera sono lunghissimi, così come l’esecuzione vera a propria dell’attività. Ed è proprio sulle lentezze della macchina burocratica, sui ritardi da parte di qualche amministrazione e sull’attenzione a settori nevralgici per la nostra regione che indirizzerò il mio impegno; sappiamo bene che il Nord Europa riesce ad effettuare attività di dragaggio di porti di medie dimensioni in pochi mesi ed è a questa tipologia di risultati che dobbiamo puntare».

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