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Venerdì, 26 Aprile 2024
Elezioni Regionali 2020 Castelfidardo

Giorgia Fabri a tutto tondo, la candidata Pd si racconta e lancia la sua sfida

L'intervista alla candidata consigliera per il Pd alle prossime Regionali

A un mese esatto dalle prossime elezioni regionali, la candidata al consiglio regionale Giorgia Fabri si presenta agli elettori in un’intervista, realizzata in collaborazione con Alice Mazzarini. Corinaldese doc, dove è nata e vive, compirà 41 anni a ottobre. Un marito, due figli adolescenti, professione insegnante. 

Aveva 21 anni quando ha deciso di sposarsi. Una scelta insolita e, in un certo senso, coraggiosa

«Mio marito l’ho conosciuto a Corinaldo nel 1999. Il paese, tra i Borghi più belli d’Italia, ospitava la trasmissione “La domenica del villaggio” con Davide Mengacci e Mara Carfagna. Dopo un anno ci siamo sposati, sapendo che gli studi e la carriera avrebbero potuto subire un rallentamento o addirittura uno stop. Ma ho seguito l’istinto, il cuore e la passione facendo un po’ tutto al contrario: quello che non ho fatto prima l’ho fatto dopo»

Poi si è rimessa in gioco.

«Ho sempre vissuto all’interno del mondo associazionistico, ma per alcuni anni mi sono dedicata alla famiglia, facevo la casalinga e per alcune persone era una cosa disdicevole. Poi mi hanno chiesto di occuparmi della città mi aveva sempre entusiasmato, anche perché, dal mondo dell’associazionismo a quello politico il passo è breve, ti smuove lo stesso sentimento. Da lì ho iniziato un po’ a muovermi in politica».

Nel 2011 l’inizio della sua prima avventura.

«Sì, avevo 32 anni. Matteo (Principi, attuale sindaco di Corinaldo, ndr) sapeva che, puntando su di me, avrebbe avuto un sostegno dall’inizio alla fine, sa che se io scelgo di fare una cosa poi la porto a termine, costi quel che costi. Credo poi, nel momento in cui si formi una squadra, che non ci sia spazio solo per i talentuosi, servono anche i mediani e in me Matteo ha visto probabilmente questo, la costanza e la tenacia».

Cosa la accomuna a Maurizio Mangialardi?

«Siamo molto diversi, ma anche molto simili. Ci piace ascoltare le persone, costruire partendo da loro, cercando di non lasciare mai nessuno indietro, senza mai sottovalutare i bisogni di ognuno. Una delle prime volte che ci siamo visti mi è rimasto impresso questo consiglio: “Tu lavora sempre a testa bassa, senza però perdere il contatto con la gente».

Come si sente ora? Questi anni l'hanno cambiata?
«Sono cresciuta. Il primo mandato a Corinaldo l’ho vissuto come una fase di conoscenza: parlo se so quello che dico; il secondo mandato è quello della consapevolezza».

Ora questo nuovo viaggio, le elezioni regionali: la famiglia come ha reagito a questa nuova candidatura?
«Ho scelto di andare avanti sapendo che mi avrebbero sostenuto, altrimenti non l'avrei fatto. La politica non la fa solo chi è dentro, ma anche chi ti sta intorno. Chi si spende per gli altri non lo fa mai per conto suo, lo fa con chi gli sta a fianco. È un sacrificio di tutti e io cerco di essere un esempio per tutti: gli impegni si dicono e si portano a termine con le azioni, ed è una cosa che ti forma anche sul lavoro, io l’ho imparato da mia madre. Da mio padre ho preso il coraggio e la bellezza dell’immaginazione. Sento di conoscere le cose e poterle cambiare. Prima era passione. Ora passione consapevole che diventa azione». 

Che tipo di azione, in questo momento cosa le sta a cuore?
«Sono stanchissima di questa società superficiale. In questo momento il mio primo obiettivo è quello di cercare di riportare le persone a fermarsi e riflettere, altrimenti il massimo che si può costruire è un bel castello di sabbia, in piedi finché non arriva qualcuno, soffia e il vento se lo porta via. Io, se posso utilizzare il tempo è per approfondire le cose». 

Il suo cavallo di battaglia è da sempre la “politica del fare”.
«Sì. Lavorare tutti i giorni, sul campo, per un obiettivo lungo, non immediato. Inizialmente questo mio modo è stato anche criticato o non capito. Ho voluto e voglio dimostrare che ci sono e, se necessario, mi sporco le mani aprendo un portone o distribuendo dei volantini. Mi dicevano però, che così facendo perdevo le energie per elaborare, ed era vero, ma prima ho voluto conoscere la macchina, chi giocava con me, altrimenti non avrei mai portato il risultato a casa. Sono pronta, porto con me tutto ciò che durante tutti questi anni mi hanno donato le persone, volenti o nolenti. Mi definisco una donna che riesce a trarre da tutti un insegnamento, il diverso da me non lo vedo come una barriera, tutt’altro, mi arricchisce». 

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