Provincia di Ancona, nel 2014 richieste 18 mln di ore di cassa integrazione
Nel 2014 sono stati richiesti e autorizzati complessivamente 18 milioni di ore di CIG, inferiori ai valori del 2013 (-18,4%). E’ quanto emerge dai dati resi noti dall’INPS ed elaborati dall’IRES CGIL Marche
Oltre 1,3 milioni di ore di cassa integrazione richieste e autorizzate nel mese di dicembre in provincia di Ancona: 330 mila di CIG ordinaria, 345 mila di CIG straordinaria e 691 mila ore di cassa in deroga. E’ quanto emerge dai dati resi noti dall’INPS ed elaborati dall’IRES CGIL Marche.
Rispetto a dicembre 2013 emerge un calo della CIG complessiva: -31,7%. Nel 2014 sono stati richiesti e autorizzati complessivamente 18 milioni di ore di CIG, inferiori ai valori del 2013 (-18,4%). Si tratta comunque di un elevato numero di ore di CIG equivalenti al mancato lavoro di oltre 13 mila lavoratori a tempo pieno.
Osservando le singole tipologie di cassa integrazione si rilevano le seguenti tendenze:
-le ore di Cassa integrazione ordinaria nel 2014 sono pari a 5,1 milioni e registrano una significativa diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-48,3%), che interessa tutti i principali settori.
-le ore di Cassa integrazione straordinaria nel 2014 ammontano a 8,2 milioni, con incremento del 16,9% rispetto al 2013; consistente l’incremento della CIG nel mobile (+43,5%).
Il ricorso alla Cassa integrazione in deroga è pari a 5,1 milioni di ore, in calo rispetto allo stesso periodo del 2013; si evidenziano comunque gli aumenti nei settori della meccanica (+40,3%, 1,5 milioni di ore nel 2014) e del calzaturiero (+7,9%).
“Anche se c’è un calo complessivo dell’utilizzo della cig ordinaria, che potrebbe far bene sperare per una timida ripresa, resta confermato un dato preoccupante e cioè la cig straordinaria che viene usata, di norma, in caso di gravi crisi aziendali – dichiara Vilma Bontempo, segretaria Cgil Ancona -. Questo significa che potrebbero verificarsi ulteriori chiusure aziendali o perdite di posti di lavoro con licenziamenti collettivi e tutto questo comporterebbe un ulteriore aggravamento del tessuto produttivo già abbastanza compromesso con la cancellazione di un quarto della nostra produzione manifatturiera. Una situazione generale che implicherebbe un peggioramento dell’occupazione”.