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Cronaca Montirozzo / Via Carlo Crivelli

Antonio Tagliata trasferito ma in un altro carcere, la difesa: «Errore grave»

La difesa contesta questa scelta perché aveva richiesto una modifica della misura cautelare che non fosse restrittiva perché il 19enne anconetano sarebbe malato e a rischio suicidio. Per questo si valuta un ricorso

Il Giudice ha deciso. Antonio Tagliata sarà trasferito sì, ma nel carcere di Torino. Una scelta, quella del Gip Antonella Marrone, profondamente contestata dalla difesa dell’indagato, accusato del del duplice omicidio dei coniugi Giacconi. L’avvocato Luca Bartolini parla di «un errore grave e ingiustificato». Il legale infatti aveva fatto richiesta di una modifica della misura cautelare che non fosse restrittiva perché il 19enne anconetano avrebbe prima tentato il suicidio ingerendo della candeggina e poi, come denunciato dalla zia Antonella, si sarebbe provocato dei profondi tagli sulle braccia con una lametta. Dunque Torino non andrebbe bene perché, secondo quanto riferito dallo stesso legale, rispetto ad Ascoli non cambia nulla. E’ vero che quello piemontese è un carcere attrezzato per affrontare e gestire casi clinici di natura psichiatrica. Ma così è anche Ascoli e Torino resta pur sempre un carcere. Dunque sarebbe un cambio che nella sostanza non migliorerebbe le condizioni psico-fisiche del killer di via Crivelli. 

Condizioni preoccupanti per i familiari. Soprattutto alla luce della consulenza tecnica richiesta dallo stesso Gip e effettuata dallo psichiatra Renato Ariatti, che ha riscontrato in Antonio un “disturbo della personalità borderline con un rischio concreto di condotta suicidaria”, sottolineando come la sua condizione non sia completamente incompatibile con il regime carcerario. 

Stamattina però l’avvocato Luca Bartolini ha presentato una memoria all’ufficio del Gip per integrare le sue ragioni, nonostante l’ordinanza. «Sto valutando anche l’ipotesi di fare ricordo al Tribunale del Riesame per contestare questa scelta perché non ha senso spostarlo in un altro carcere. Noi chiediamo una struttura detentiva in cui possa essere curato, quindi o un Rems o una clinica psichiatrica».

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