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Mercoledì, 24 Aprile 2024

Disperazione e burocrazia: occupano una casa del Comune, ora sono senz’acqua e riscaldamento - VIDEO

Da un campo nomadi alla vita in roulotte. Poi la Caritas, le notti nel furgone e una casa vera grazie ai fondi del Comune. Niente lieto fine però

Dallo scorso gennaio Simona Cerquetella, 33 anni, raccoglie l’acqua dalla fontana pubblica di piazza Catalani a Falconara. Racconta che lo fa ogni giorno, a causa di un guasto all’impianto idrico, che carica le taniche in macchina fino a portarle in via Damiano Chiesa. Là vive con Giulia Di Giorgio (35 anni) dentro una casa di proprietà comunale che le stesse ragazze hanno prima occupato nel 2017 e poi sistemato a loro spese. La loro storia passa per il campo nomadi dove hanno vissuto fino al 2011, anno della chiusura. Il tetto è quindi diventato quello di una roulotte che ha stazionato prima nel cortile delle case popolari poi nel parcheggio del cimitero prima di essere allontanata dai vigili. Le ragazze hanno successivamente dormito negli spazi della Caritas di Senigallia e perfino in un furgone. La richiesta di una casa popolare, presentata regolarmente nel 2015, è sempre rimasta tale perché la situazione famigliare di Simona e Giulia (due ragazze e senza bambini) le ha sempre tenute in fondo alla graduatoria. Poi c’è stata la richiesta di aiuto al Comune di Falconara e l’accesso ai contributi del “Progetto casa”, un sussidio che prevede il pagamento da parte del Comune stesso di una parte dell’affitto. Ecco dunque un'abitazione vera, in via dei Mille, grazie a quel contributo di 1.050 euro. Era il 2013 ma la storia non ha avuto il lieto fine. A Giulia è stata riconosciuta una disabilità del 75%, Simona lavorava saltuariamente e, senza uno stipendio fisso, non poteva pagare la parte di quota che spettava alle ragazze. «Quando abbiamo portato i soldi all’agenzia immobiliare (che nel frattempo ha chiuso i battenti) ci è stato risposto che quella era solo la caparra e che dovevamo pagare 380 euro al mese più le spese condominiali» ha detto Simona.

La questione è esplosa quando proprio Simona ha chiesto al Comune l’accesso a un contributo per poter frequentare un corso di formazione professionale: «Era il 2015 e mi dissero che non ne avevo diritto perché avevo già un contributo a favore di oltre 3.000 euro che il Comune versava al proprietario della casa quando l'affitto era già scaduto» racconta Simona. Cifra che Elena Martini, il legale che assiste le ragazze insieme alla collega Cristina Bolognini, ha spiegato essere una parte del credito vantato dal proprietario della casa di fronte all’impossibilità delle due di pagare la loro parte di affitto. Nel 2017 Giulia e Simona hanno ricevuto lo sfratto esecutivo: «Non sapevamo dove andare e abbiamo occupato questa casa» racconta Simona, che spiega di aver avvisato sin da subito il comune di quell’azione. Nel corso degli ultimi anni, racconta la ragazza, ci sono stati due sopralluoghi da parte dei vigili urbani e del geometra comunale, più l’ordinanza di liberazione dell’immobile risalente a ottobre 2018 alla quale però nessuno (istituzioni comprese) ha mai dato seguito. La storia arriva dunque allo scorso gennaio: «Si è rotto un tubo, per ripararlo occorreva rompere una parte del solaio- racconta Simona- ho chiesto al Comune se potevo farlo io o dovevano farlo loro». Nessun intervento; «Per lavare i piatti e per lavarci versiamo l'acqua nei recipienti» conclude la ragazza. L’inverno è alle porte e i riscaldamenti, ad oggi, sono affidati a mezzi di fortuna. 

«E’ assurdo che collettività e istituzioni non riescano a farsi carico di una situazione come quella- ha commentato l’avvocato Elena Martini- Giulia ha anche subito un intervento chirurgico e dovrà farne un altro, ma il Comune non è capace di dare una risposta se non a pezze e rattoppi. Il progetto casa è una soluzione utile, ma non in questo caso perché loro avevano da subito fatto presente di non riuscire a rispettarle la loro parte - continua il legale- da un accesso agli atti abbiamo saputo che i fondi erogati erano circa 3mila euro, con tanto di delibera, per far fronte a una parte del credito maturato dal proprietario. Che senso ha? E’ vero che è stata pagata loro una parte delle spese, ma l’emergenza era un’altra cioè quella di dare alle ragazze una sistemazione dignitosa. Del resto se una persona ha problemi con un inquilino che non paga di solito se la deve vedere da solo, quei soldi dovevano essere usati per progetti più sensati su loro due. Non dico che Giulia e Simona hanno diritto alla casa in cui sono adesso- conclude la Martini- ma è necessario che Comune e serivizi sociali intervengano per dare dignità ai cittadini in difficoltà».
 

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