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Dal calcio ai 400 metri, così Aldo Strappini si è riscoperto atleta a livello regionale

Aldo Strappini aveva subito un grave infortunio e aveva perso le speranze perché, in fondo, era convinto di saper solo giocare a pallone. E invece è diventato un atleta di caratura regionale, scoprendo anche nuove virtù personali

Aldo Strappini aveva subito un grave infortunio e aveva perso le speranze perché, in fondo, era convinto di saper solo giocare a pallone. E invece è diventato un atleta di caratura regionale, scoprendo anche nuove virtù personali. Vive ad Osimo, è tesserato e gareggia per il Team Atletica Marche. Ma qual è la vera storia di Aldo Strappini?  Dopo aver dedicato 17 anni della sua vita ad uno sport, quale il calcio, Aldo si è trovato su un letto di ospedale, in seguito ad un grave infortunio, dove gli è stato proposto dal cognato un cambio improvviso e impensabile fino a qualche ora prima. "Molli il calcio e vieni con noi?"  Accettò. Questa decisione ha segnato la svolta per la nascita di una nuova, grande passione per la regina degli sport: l'atletica leggera.

Sfrappini perché l'Atletica Osimo?

«La fatidica domanda fu fatta sì dal cognato, nonché responsabile tecnico e allenatore Giorgio Gioacchini, al quale mi sono subito affidato per la mia futura preparazione atletica».

Come è stato il suo primo approccio con questo nuovo sport?

«La premessa è che una delle cose che odiavo del calcio era correre. All'inizio tutto mi è sembrato strano e diverso. Per certi aspetti anche ridicolo: uno stile di corsa a ginocchia alte, fare le famose andature, la presenza femminile nel gruppo e sicuramente un ambiente super-competitivo».

Fra le tante discipline che l'atletica offre, qual è la sua specialità?

«Dopo alcune settimane introduttive necessarie per ambientarmi, escludendo discipline molto tecniche e non avendo una struttura per la velocità pura, ho iniziato a lavorare in vista del famoso “giro della morte”, i 400 metri piani».

I 400 sono una specialità molto impegnativa. In che modo è riuscito a prepararla?

La prima difficolta è stata trovare del tempo libero, nonostante un lavoro molto impegnativo che mi porta a viaggiare molto, quindi non avere mai precisi orari e lo stesso luogo dove allenarmi.  Concentrandomi principalmente nei week end e, tra piste in giro per l’Italia e parcheggi di hotel, con l’aiuto di Giorgio sono riuscito a creare una situazione psico-fisica per iniziare a provare emozioni uniche, contornate da tanta sofferenza, sacrifici e dolore.

Oltre alla figura dell'allenatore, si avvale di altri professionisti?

Assolutamente sì. Non essendo un professionista, potrebbe essere vista come una cosa "folle", ma in realtà non lo è. Col passare dei mesi mi sono reso conto che se si voleva migliorare, bisognava curare il dettaglio (una mia citazione che spesso utilizzo con i miei compagni, venendo anche in certi casi “deriso”) e per questo in varie fasi ho inserito l'osteopata, la figura del massofisioterapista fino ad arrivare alla nutrizionista. Da quest’anno, figura forse tra le più importanti, ma la prima ad essere messa sempre in discussione e sottovalutata, una psicologa dello sport.

Una psicologa? Ci spieghi.

«Ho voluto intraprendere questa bellissima esperienza perché é un modo di conoscere realmente se stessi e poter trovare dentro di noi la propria serenità ed il giusto equilibrio con la nostra mente e il nostro corpo, per affrontare situazioni di massimo stress dove veniamo chiamati a superarci, in questo caso specifico nello sport, ma poi anche nella vita di tutti i giorni. Un'altra cosa che tengo a precisare è che la figura dello psicologo sportivo non motiva, perché la vera motivazione deve provenire da noi stessi».

Che motivazioni ha e che emozioni prova praticando questo sport?

«Una mia caratteristica è di essere molto competitivo, cosa che spesso faccio nel lavoro e nella vita quotidiana, quindi mi piace confrontarmi ogni volta con me stesso e anche con gli altri. Sicuramente un altro stimolo importante per allenarmi è quello di scaricare tutte le tensioni accumulate durante il giorno e anche tenermi in forma stando all’aria aperta. Ma l’energia immensa e difficile da trasmettere a parole, è il gruppo».

Eppure l’atletica è uno sport individuale.

«Garantisco, provenendo da uno sport di squadra, che l’atletica unisce più di qualsiasi altro sport. I motivi sono due principalmente. Primo è il fatto che si gareggia ognuno per se stessi, non crea competizione nel "rubarsi il posto". Secondo, sia in allenamento, ma soprattutto in gara, il tifo esplode nel momento in cui il tuo compagno gareggia. La cosa bella che si è creata in pista qui ad Osimo è stata quella di formare un ambiente positivo, scherzoso anche al di fuori del campo di atletica. Colgo l’occasione di ringraziare i compagni di squadra, perché fin da subito mi hanno accolto calorosamente, aiutandomi soprattutto nei vari momenti di difficoltà».

Cosa pensa dell'Atletica Osimo?

«Innanzitutto la ringrazio per avermi accolto come una grande famiglia, perché di questo si tratta, composta da figure che vivono con passione questo percorso di vita, facendo avvicinare le persone fin da piccole e portarle poi a livelli assoluti. Se tutto questo ha ogni anno gran successo, è grazie alla collaborazione di dirigenti, tecnici e genitori che si impegnano nel mantenere e migliorare questa bellissima realtà. A questo proposito, mi permetto di invitare anche altri ad entrare in questa famiglia, per vivere l’atletica leggera da vicino.  Nuove presenze e nuove energie sarebbero sicuramente benvenute».

Vule ringraziare qualcuno in particolare?

«Sembra scontato e di retorica, ma non lo è. Ringrazio infinitamente il mio allenatore Giorgio Giocacchini che nonostante i suoi impegni lavorativi e privati mi trasmette, e ci trasmette, ogni giorno tutta la sua passione e professionalità verso questo sport. Nonostante abbia intrapreso questa nuova attività ad una età "adulta" per questo sport, ha creduto in me fin da subito, dandomi tanti stimoli giusti e insegnamenti, anche se in questi quattro anni non nascondo che ci sono stati momenti di incomprensione che con il dialogo e la passione per quanto facciamo, ci ha portato a chiarire e crescere, io come atleta, lui come allenatore. Ci tengo a sottolineare quanto sia fondamentale la sua presenza, sia per il nostro gruppo, che per la società e mi dispiace che in questo panorama la figura dell’allenatore venga spesso data per scontata o non risaltata al modo giusto».

Ci racconti un episodio che le è rimasto nel cuore.

«Si potrebbe pensare che i risponda un record personale. In realtà, un ricordo che porterò sempre con me, l’ho vissuto alle finali dei Campionati di Società a Macerata, nello scorso mese di settembre. In questa occasione, purtroppo, non ho potuto prender parte come atleta (per infortunio), ma nonostante ciò mi sono adoperato insieme ad altri miei compagni per organizzare un gran tifo. La mattina delle gare, mi sono presentato allo stadio munito di striscioni, bandiere, trombette, cappelli, parrucche, tamburi per sostenere al massimo tutti i miei compagni che hanno affrontato le ultime fatiche di questa stagione agonistica. Questa cosa, rivelatasi piacevole e divertente, è stata molto apprezzata persino dalle società avversarie. Tutto ciò sta a riconfermare quanto sia coinvolgente questo sport. Pertanto ringrazio le altre società componenti il Team Atletica Marche, quali Porto San Giorgio, Corridonia e gli ultimi atleti arrivati da Civitanova Marche».

Cosa c'è nel futuro di Aldro Strappini?

«Ad oggi, come atleta, penso di continuare a godermi questa passione, lavorando sodo e migliorarmi giorno per giorno. Nel "domani" c'è l'idea di rimanere, se possibile, all'interno della società, per trasmettere quanto appreso ai più giovani».

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