Anziana con polmonite Covid dimessa in piena notte: «Siamo un ospedale, non un albergo»
"Nella mattinata di venerdì scorso, 6 novembre, mia madre, a seguito di problemi di salute e su consiglio del suo medico curante è stata ricoverata a mezzo del 118 presso l'ospedale di Civitanova Marche. Ha 84 anni e vive da sola nella sua abitazione. Giunta presso la struttura, è stata sottoposta ad uno screening mediante analisi del sangue e tampone rapido, che ha dato esito negativo, ma in fase successiva a seguito di rx torace, è stata riscontrata una polmonite interstiziale -Covid. A seguito del nuovo esito, è stata sottoposta ad un secondo tampone ma molecolare, il quale, nella giornata di sabato, ha dato esito positivo. Il sottoscritto seguiva tutta la situazione mediante contatti telefonici con i vari responsabili di turno all'utenza del triage del Pronto soccorso. Alle ore 18 di sabato mi hanno riferito che per le condizioni in cui si presentava, le è stato dato anche un minimo supporto mediante ossigeno con i cosiddetti occhialini inseriti nelle narici. La dottoressa li presente mi ha riferito che la situazione non era drammatica, ma andava comunque attentamente seguita in quanto, in base a ciò che mi hanno detto, questa tipologia di polmonite purtroppo può cambiare in modo rapido ed assai repentinamente per ciò che concerne l'insufficienza respiratoria.
Alle ore 00.05 di domenica 8, a distanza di sole 6 ore dall'ultimo bollettino, mia madre mi ha informato che sarebbe stata rimandata presso la sua abitazione, dove, giova ricordare, vive in solitudine. Ho quindi contattato immediatamente la responsabile che aveva assunto tale decisione per avere ragguagli in ordine ad una scelta, a mio modesto parere, fuori da ogni logica sanitaria innanzitutto, ma anche umana e legale. La dottoressa, di cui non rammento il nome, li presente a quell'ora, ha affermato che servivano posti, mentre mia madre poteva starsene a casa «che l'ospedale non è un albergo», che le aveva segnato una cura ed il problema era il mio e avrei dovuto provvedere ad informare il suo medico di famiglia perché le strutture all'esterno denominate Usca coprono il territorio. Ci tengo a precisare che io, unico parente prossimo, non posso muovermi di casa perché in quarantena. La decisione presa dalla dottoressa è stata comunque di dimetterla, anche se le condizioni di salute che mi erano state prospettate solo 6 ore prima, mi hanno fatto apparire questa scelta azzardata. Oltretutto, essendo domenica, il suo medico curante non era neanche disponibile per attivare le varie procedure. Di seguito come se nulla fosse ribatteva che era mia madre per cui dovevo pensarci io, nonostante fosse ormai l’1 di notte. Alla fine è stata trasportata a casa da un’autoambulanza. Successivamente non è stata visitata da nessuno né durante la giornata di domenica, né lunedì 9, quando ho informato il medico curante per attivare le procedure. Lo stesso medico curante mi ha riferito che, a causa dei troppi casi e quindi dell'eccessivo carico lavorativo, le Usca non sarebbero riuscite a visitare mia madre nella giornata di lunedì. Ad oggi non solo mia madre non è stata visitata da nessuno, ma non riceve neppure le minime cure farmacologiche, in quanto le farmacie sono sprovviste dei farmaci e ossigeno e io non posso muovermi di casa".
Saverio