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Presidente della Repubblica, Mangialardi: «Salvini ha pagato l’arroganza»

Il “Grande elettore” ha commentato la riconferma di Sergio Mattarella non risparmiando stoccate al leader del Carroccio

«Comprendo il rozzo tentativo del giovane padano Augusto Marchetti, ma questa volta tenere a galla Matteo Salvini dopo la sonora sconfitta rimediata in Parlamento durante l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica sarebbe un’impresa disperata perfino per il loro Alberto da Giussano. Le fantasiose ricostruzioni di Marchetti appaiono per quel che sono: una toppa peggiore del buco, incapace di coprire il disastro politico e istituzionale del suo leader, che in una sola settimana è riuscito a demolire il centrodestra, bruciare candidature del suo stesso schieramento e umiliare la seconda carica dello Stato. Tutto ciò per poi convergere sulla figura di Sergio Matterella, assecondando in tal modo, seppur tardivamente, il percorso che fin dall’inizio il Partito Democratico aveva indicato con il segretario Enrico Letta. Un percorso che partendo dal dato più evidente, ovvero l’assenza di una maggioranza politica in Parlamento, intendeva giungere responsabilmente all’individuazione di un nome di alto profilo istituzionale, condiviso e in grado di esprimere un forte senso di unità del Paese per uscire nel miglior modo possibile dalla delicatissima fase che stiamo vivendo. Insomma, Marchetti dovrebbe farsene una ragione: dimostrando poca saggezza e tanta arroganza, Salvini si è emarginato da solo, sia in Parlamento che nel centrodestra. Altro che leader responsabile e coraggioso».

Così il capogruppo regionale del Partito Democratico Maurizio Mangialardi replica al commissario regionale della Lega Augusto Marchetti, spiegando le difficoltà incontrate dal Parlamento per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.

«Il Partito Democratico – sottolinea Mangialardi – non ha opposto dei “no” ideologici, ma ha solamente respinto l’assurda pretesa di Salvini e Meloni di eleggere un Capo dello Stato di parte senza averne i numeri. Ed è per questo identico motivo che noi stessi abbiamo rinunciato ad avanzare nostre candidature, la cui scontata bocciatura in aula avrebbe rappresentato un grave sgarbo nei confronti delle personalità prescelte. Un rispetto che cinicamente né Salvini né la Meloni hanno dimostrato per Paolo Maddalena, Sabino Cassese, Marcello Pera, Carlo Nordio, Letizia Moratti ed Elisabetta Casellati. Il confronto e la condivisione erano l’unica strada percorribile per individuare subito un Presidente della Repubblica autorevole e prestigioso, quale Mattarella in effetti è, e per evitare all’Italia quel salto nel buio che inevitabilmente si sarebbe materializzato con la caduta del governo Draghi, qualora si fosse consumato lo strappo istituzionale a lungo perseguito dalla Lega e da Fratelli d’Italia».

«Per noi – conclude il capogruppo dem – la rielezione di Sergio Mattarella è motivo di grande soddisfazione. Certo, restano le difficoltà dell’attuale scenario politico, frutto amaro di una legge elettorale oggettivamente sbagliata e incapace di garantire maggioranze stabili e definite. È un tema chiaro a tutti i partiti e che auspico sia affrontato prima delle prossime elezioni politiche con un’apposita riforma. Allo stesso tempo, però, sono altrettanto convinto che vadano respinte con decisione le pulsioni populiste che oggi tornano a riemergere nell’estrema destra, dove si inizia a ventilare un mutamento in senso presidenziale della nostra Repubblica. Abbiamo necessità di riformare la politica non di cedere il passo agli istinti anti costituzionali».

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