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Elezioni Regionali 2020

Disfatta M5s, Mercorelli parla con Dibba: «Ora un quartier generale nelle Marche»

E' stata una debacle per il Movimento 5 Stelle nelle Marche, dove i grillini passano dal 19% delle ultime elezioni al 7%

«Non è che avessi illusioni di grandi successi, è evidente che c’è un problema di comunicazione sul territorio. Il Movimento ha patito uno stillicidio di piccole emorragie, è polverizzato in innumerevoli corpuscoli e non agiamo bene sui territori: E’ questo il problema ed è questo il grosso del lavoro che ci aspetta perché, forse pecco di presunzione, ma i confronti con i portatori di interessi hanno dato i loro frutti perché lo hanno capito: noi abbiamo le idee e gli altri no. Dobbiamo saperle comunicare, altrimenti serve a poco».

E’ questa la disamina del candidato presidente alle elezioni regionali per il Movimento 5 Stelle Gian Mario Mercorelli, che affronta la debacle pentastellata nelle Marche, dove i grillini passano dal 19% delle ultime elezioni al 7%. 

«Ma quello del 19% era un numero anche un po’ dopato perché era il periodo in cui le Marche hanno cavalcato l’onda lunga del consenso nazionale, quando il Movimento andava a gonfie vele» puntualizza Mercorelli, che non nasconde le macerie marchigiane e anzi vuole rimboccarsi le maniche per ricostruire, anzi «rifondare» dice lui, il Movimento. «L’obiettivo a cui ambisco adesso è riorganizzare a livello territoriale il Movimento perché sia più efficace nella comunicazione al proprio interno e verso l’esterno, senza dispersione di opinioni. Immagino un centro, un comitato elettorale come il mio, un centro di riferimento a livello regionale che possa offrire un punto di riferimento». 

Una sorta di quartier generale per le Marche che coordini il lavoro dei comitati locali? «Sì, un quartier generale Marche che faccia da riferimento per i gruppi di ogni provincia». 

Verso un’organizzazione democratica interna dunque. Quindi uno dei problemi che sono sempre esistiti era proprio l’assenza di democraticità interna? «Certo, ma quello che dice lei non è mancanza di democraticità, è eccesso semmai di democraticità. E’ invece mancata chiarezza su linee politiche e fino a quando non ci sarà un coordinamento, avremo sempre problemi. Se invece per mancanza di democraticità intende mancanza di confronti, sì sono d’accordo, poi però ci deve essere una linea che poi però diventa quella per tutti. E questo è il mio obiettivo per il dopo elezioni».

Sembra di vedere un partito e sembra che lei parli di un segretario di partito. «Se lo fa una persona sola sì, ma noi decideremo tutti insieme in maniera corale corale». 

Insomma Mercorelli pensa a come riorganizzare il Movimento nelle Marche, come anche a livello nazionale si assiste ad una sorta di resa dei conti, in cui ci sono 3 opzioni. Il primo è scegliere subito il nuovo capo politico con un voto su Rousseau. Il secondo è puntare su un organo collegiale, una sorta di segreteria politica da votare anch’essa sulla piattaforma di Casaleggio. Ultima opzione, convocare senza altri temporeggiamenti gli Stati Generali, guidati da una commissione ad hoc di una decina di membri. «Io la vedo come Paola Taverna, Fabio Castaldo e Di Battista, che ho anche avuto modo di sentire in questi giorni. Dobbiamo tornare indietro ad un accordo strutturale col Pd perché noi, da soli, abbiamo tanto da dire. Si può ricominciare, rifondiamo il Movimento. Riconosco a Di Maio un miliardo di qualità ma non condivido la sua posizione per cui dobbiamo a tutti i costi unirci col Pd. Per quanto riguarda quello che sta avvenendo a Roma, io credo che serva un organo che possa rilanciare il Movimento sui temi, ma deve essere eletto, non può essere nominato, oppure che sia un gruppo di persone che poi però si facciano carico del compito di fare rete con tutti i territori». 

A proposito, si pente di non aver fatto l’alleanza? «Quali erano i termini per l’alleanza? Fermo restando che avremo preso di meno, per cui, in termini elettorali, sarebbe stata comunque una sconfitta, ma poi noi volevamo discutere, loro volevano comandare offrendo a me il posto di presidente del consiglio. No, ho rifiutato la poltrona».

E il paradosso  è che lei, da candidato presidente, non è entrato e altre 2 candidati sì. «Colpa della legge elettorale, che ti mette in competizione con le preferenze. Avrei potuto farmi mettere capolista in un’altra circoscrizione, ma sarebbe stato ingiusto. Va bene così, ma la legge elettorale va cambiata. 

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