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Il cartello, il sostegno alla Latini e l'ironica spiegazione: “Solidarietà alla grammatica”

Bufera dopo la frase di un cartello, appeso di fronte alla sede dell’azienda sanitaria di Macerata: “La storia ce lo insegna, andiamo a bruciargli casa”

Tra le speranze delle femministe in protesta ieri per difendere il diritto all’aborto c’era quella di ottenere una reazione da parte della Giunta Acquaroli. E’ sicuro, come è certo che però non si aspettavano la bufera scatenatasi oggi dopo l’accento posto proprio dal presidente delle Marche Francesco Acquaroli sulla frase di un cartello, appeso di fronte alla sede dell’azienda sanitaria di Macerata: “La storia ce lo insegna, andiamo a bruciargli casa”. Bruciare casa a chi e perché? Acquaroli, e in generale la destra marchigiana, non ha dubbi: quella dell’assessore Giorgia Latini, nel mirino delle femministe per essersi professata anti-abortista secondo lui. Ed è scoppiato il caos. Un boomerang per le donne a difesa del diritto all’aborto, tale da portare ad una sommossa della destra di mezza Italia, da Roma all’Emilia Romagna, tra chi le ha cassate come “minacce gravi” e chi ha denunciato una “aggressione fatta di violenza verbale”.

Acquaroli esprime sui social “vicinanza e sostegno all'assessore Giorgia Latini, oggetto di questo violento attacco, solo per aver espresso la sua legittima e personale opinione in merito alla difesa della vita e al sostegno alla maternità. Condanno e rifiuto questa violenza verbale che da molti anni non apparteneva al dibattito nella nostra regione. Si possono avere legittimamente opinioni divergenti, senza però mai scadere nelle minacce”. 

“Andiamo a bruciargli casa”, “questa è guerra” sono espressioni che non si addicono a persone che hanno a cuore la libertà delle donne, visto che incitano violenza contro una donna. - dice la stessa Latini, affidando la sua amarezza ad un post Facebook - Ho già ribadito in consiglio che ognuno è libero di scegliere secondo coscienza, ma quando la scelta di abortire è condizionata da mancato sostegno psicologico e da problemi economici, le istituzioni e la società non possono abbandonare la donna in difficoltà e devono fare di tutto per sostenere la maternità e la vita tutelando la salute della donna. Ho ribadito anche che ognuno è libero di esprimere il proprio pensiero qualora questo non scada in insulti e minacce come è accaduto nei miei confronti. A tutti coloro che nutrono questi sentimenti di odio rivolgo la mia preghiera affinché nei loro animi venga lasciato spazio all’amore verso il prossimo e al rispetto reciproco”.

La spiegazione (ironica) delle femministe

Intanto però, dall’altra parte, quella di chi non vuole che si facciano passi indietro sull’accesso all’aborto e all’uso farmacologico della Ru486, arriva una spiegazione per quel cartello. “Spiace, quando si intraprendono azioni serie e condivise avere interlocutori poco adeguati, che annaspano nel rispondere in modo corretto e puntuale. - si legge nella nota stampa di una buona parte delle femministe anconetane - Sorprende innanzi tutto che l'unica donna della giunta, a cui il ben noto meme non poteva essere riferito per regola grammaticale, lo abbia presuntuosamente avocato a sé. Sorprende inoltre che una assessora alle pari opportunità non conosca il grido delle donne polacche "questa è guerra" e non sappia che non lo hanno inventato per lei (credo che le donne polacche non la conoscano neppure), ma che è il simbolo della guerra che le istituzioni (di cui l'assessora fa parte) fanno ogni giorno e in ogni luogo alle donne. Sorprende infine che non conosca il noto meme ricavato da una lezione dello storico Alessandro Barbero sul tumulto dei Ciompi del 1378 che non è, ancora una volta, riferito a lei e alla sua casa. Piuttosto sono le case delle donne, i centri antiviolenza, i consultori che le istituzioni (di cui fa parte) "bruciano" simbolicamente. Prendiamo invece atto che la giunta Acquaroli, e la stessa assessora, non sono capaci di rispondere in modo adeguato alle nostre istanze, se non utilizzando strumentalmente ciò che non sono stati neppure in grado di interpretare correttamente. Ribadendo la nostra solidarietà alla grammatica”. Insomma c’è una spiegazione per ogni frase e anzi, le donne a difesa della 194 rilanciano, contrattaccando la giunta marchiana per aver strumentalizzato delle frasi senza averle comprese, senza entrare nel merito della vera questione. un eventuale rinnovamento dei consultori e centri antiviolenza. 

Il sostegno alla Latini dalle Marche

Intanto arrivano fiumi di solidarietà all’assessore Latini, considerata vittima di un’attacco politico. "Da donna e da rappresentante delle Istituzioni esprimo vicinanza e sostegno all'assessore Giorgia Latini oggetto ieri di gravi ed inaccettabili minacce per aver espresso la propria personale e legittima posizione riguardo la maternità e la tutela della vita. Ognuno è libero di avere le proprie opinioni in merito all'interruzione di gravidanza ma la Legge 194 è chiara quando parla di superamento delle cause di ordine sociale ed economico che portano a scegliere l'aborto, per questo è un dovere delle Istituzioni sostenere le donne in difficoltà perchè quella non diventi una scelta obbligata. Auspico una condanna unanime delle minacce da parte di tutto il mondo politico, il confronto legittimo non deve scadere in minacce ed insulti” scrive la consigliera regionale e Presidente della IV Commissione sanità e politiche sociali Elena Leonardi. 

“L'integralismo, purtroppo, non ha colore. Chi davvero lotta per i diritti di qualcuno non fa minacce come quelle che sta subendo il nostro assessore regionale Giorgia Latini a cui va tutta la nostra solidarietà. Che siano sconsiderati o militanti politici la sostanza non cambia per chi, come la Lega, crede nella democrazia: ruoli amministrativi, opinioni, proteste se democratiche nulla devono avere a che fare con la barbarie che è sempre e comunque da condannare. Sull'aborto la scelta spetta solo alla donna, che è padrona del suo corpo. Alle istituzioni spetta non lasciare le donne sole, determinando le condizioni sociali e sanitarie perché la scelta possa essere adeguatamente ponderata ed effettuata in completa sicurezza.” Lo dichiarano l'onorevole Riccardo Augusto Marchetti ed i consiglieri regionali della Lega Marche. 

"Come donna, prima ancora che come Capogruppo regionale FI, esprimo piena solidarietà all'assessore Giorgia Latini che è stata oggetto di minacce solo per aver espresso la sua opinione in merito alla maternità. - dice la consigliera marchigiana di Fi Jessica Marcozzi - La libertà di pensiero, anche ovviamente sull'interruzione di gravidanza, è alla base della Democrazia. E quindi le minacce, già fatto inaccettabile, assumono una gravità ulteriore perché, oltre ad essere rivolte a una persona, una donna, un'esponente dell'istituzione regionale, collidono con quello che è un principio inviolabile: la libertà di pensiero, di espressione, appunto”.

Francesco Battistoni, commissario regionale di Forza Italia Marche pensa che: “Incitare alla violenza è sempre sbagliato, ma quando si prende di mira la sfera personale e, in questo caso, la famiglia, è ancora peggio”.

Dal resto d'Italia

“Auspichiamo che gli autori del gesto vengano consegnati alla giustizia.- dice da Roma Adriano Crepaldi, segretario nazionale di Ace (Azione cristiana evangelica, partito che collabora con Giorgia Meloni - La sinistra condanni fermamente l’ accaduto. Cessi di fomentare questa inaccettabile deriva intimidatoria, sottoforma di falsa lotta per i diritti civili e le libertà, volta unicamente alla legittimazione del pensiero unico”.

Anche il senatore Antonio Saccone dell’Udc esprime “piena solidarietà all’assessore Giorgia Latini per la vile minaccia ricevuta rea di aver espresso una sua considerazione in merito alla difesa della vita sin dal suo concepimento. Il confronto é sempre auspicabile nella dialettica democratica. Chi utilizza offese o peggio chi ricorre alle minacce merita semplicemente una piena condanna”.

Solidarietà anche dalla Lega Romagna, che parla di “inaccettabili e gravi minacce per aver espresso una legittima opinione sui temi della maternità e della libera scelta secondo coscienza”. 

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