Marche, M5S lancia 4 referendum contro la riforma della sanità: il Pd si difende
Il gruppo pentastellato in Regione lancia 4 quesiti referendari con un unico obiettivo: riportare le questioni che riguardano la sanità regionale in consiglio: «La giunta ha troppo potere». Tempi stretti, servono 20 Comuni
I tempi sono risicati ma i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle sono certi: per riportare il dibattito sulla sanità alla condivisione con i territori serve un depotenziamento della giunta in favore dell'Assemblea Legislativa. Ecco allora 4 requisiti referendari per abrogare le norme che si sono succedute nel tempo e che hanno accentrato tutti i poteri nelle mani della giunta. Si punta a depennare alcuni articoli delle leggi regionali 13 del 2003 e le successive 17 del 2010, 17 del 2011 e 17 del 2013 che attribuiscono alla giunta poteri sul sistema di emergenza sanitaria, funzioni di riorganizzazione del servizio e sull'organizzazione e costituzione delle Case della Salute. Per farlo, però, i tempi sono strettissimi. Per votare in concomitanza con le amministrative occorre indire i referendum entro il 28 febbraio. Impossibile entro fine mese raccogliere 20mila firme dei marchigiani che servono da statuto regionale e così i 5 Stelle tentano la carta dei sindaci. Sempre lo Statuto prevede infatti che la consultazione può essere richiesta da almeno 20 consigli comunali. Per questo sono state inviate lettere a tutti i sindaci delle Marche. La prima ad aderire, nemmeno a dirlo, è stata Cinzia Ferri, prima cittadina di Montellabate (Pesaro Urbino), unico sindaco marchigiano del Movimento. «Ceriscioli ha basato l'intera campagna elettorale sull'ascolto del territorio ma poi tutto è stato completamente disatteso – tuona il capogruppo Gianni Maggi -. Siamo adirati e delusi. Si è tenuto la sanità e ha tirato dal cilindro una riforma sotto Natale facendo arrabbiare anche i sindaci del suo partito (Pugnaloni e Sagramola a Osimo e Fabriano, su tutti nella provincia di Ancona, ndr). C'è continuità di stile con vecchia giunta e con il Pd nazionale».
«Ciò che sta avvenendo – gli fa eco il consigliere Fabbri – è la cartina tornasole di come la giunta abbia larghissimi poteri. Nello studio che abbiamo fatto individuato la normativa che dà al governo regionale i poteri in materia sanitaria. Vogliamo partire da lì». Tuttavia, va detto, i referendum non sono retroattivi e per questo non fermeranno la contestata riforma. «A quello – aggiunge la consigliera Romina Pergolesi – penseremo con i ricorsi al Tar quando la delibera di giunta 1183 sarà operativa. Al momento è congelata in commissione e anzi l'Asur è stata diffidata dal procedere a determine finché non si sarà il dovuto passaggio consiliare». Per il consigliere Giorgini «non è sbagliato prendere accorgimenti per contenere la spesa ma anziché chiudere ospedali e tagliare posti letto mi chiedo perché non si taglino il 30% dei dirigenti. Dobbiamo tornare a equità sociale che non c'è più da tanti anni».
Dal Pd, in difesa della riforma, si alza la voce del capogruppo Busilacchi. «Abrogare delle leggi che negli ultimi 13 anni hanno avviato il percorso di risanamento del sistema sanitario operato dai governi di centrosinistra – dice – vuol dire porre in indeterminatezza un sistema che ha prodotto risultati virtuosi. Significa liquidare, senza per altro alcuna soluzione alternativa, un percorso che ha generato molteplici ed indiscussi effetti positivi. Basta ricordare che in questi anni, grazie anche al ruolo chiave giocato dal Pd, è stato evitato il commissariamento, sono state assicurate maggiori risorse dal Fondo Sanitario Nazionale e le Marche hanno ottenuto il riconoscimento di Regione italiana “benchmarking” in campo sanitario. Tutti aspetti che hanno contribuito a rafforzare i servizi sanitari a favore della comunità marchigiana. Come al solito il M5S strumentalizza le questioni e, soprattutto, non fa alcuna proposta alternativa, a testimonianza della loro mancanza di cultura di governo».