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Su strada senza motore: tutte le regole per viaggiare in sicurezza con bici e affini

Anche i mezzi alternativi hanno le loro regole che devono essere rispettate per la sicurezza di chi le conduce e degli altri utenti della strada

Su strada senza motore: tutte le regole per viaggiare in sicurezza con bici e affini

di Giandomenico Protospataro
direttore della Sezione normativa del Servizio polizia stradale


Anche i mezzi alternativi hanno le loro regole che devono essere rispettate per la sicurezza di chi le conduce e degli altri utenti della strada. Parliamo, perciò, delle regole per utilizzare bene biciclette, pattini ed altri acceleratori di andatura ed in genere di tutto ciò che si muove sulla strada per effetto della propulsione umana.

BICICLETTE E RISHO
Il codice li chiama “velocipedi” e li definisce come veicoli a 2 o più ruote mosse dalla propulsione muscolare umana attraverso pedali o analoghi dispositivi. Diversamente da quanto previsto per tutti gli altri veicoli, il codice non richiede che i velocipedi siano omologati, approvati o immatricolati dal ministero dei Trasporti. L’omologazione è tuttavia prevista per velocipedi a più ruote simmetriche (risho) che consentono il trasporto di altre persone oltre il conducente.

Caratteristiche e dispositivi di equipaggiamento
Chi li costruisce, ma anche chi li utilizza sulla strada, deve rispettare precise disposizioni per quanto riguarda le loro dimensioni massime: 1,30 m di larghezza, 3 m di lunghezza, 2,20 m di altezza. Questi limiti hanno una notevole importanza anche per quello che riguarda la possibilità di trasporto di oggetti sui velocipedi: infatti, in nessun caso, si possono superare tali dimensioni massime, nemmeno per effetto del carico sistemato sugli stessi.
I velocipedi devono essere equipaggiati di alcuni elementari dispositivi essenziali alla sicurezza, di cui il conducente deve costantemente verificare il funzionamento. In particolare, devono essere presenti:
un efficace sistema di frenatura disposto in modo da poter essere facilmente e rapidamente manovrato in qualunque occasione e costituito di due dispositivi di frenatura indipendenti fra loro e agenti uno sulla ruota anteriore e l’altro su quella posteriore;
dispositivi di segnalazione visiva, anteriore a luci bianche o gialle, posteriore a luci rosse e catadiottri rossi e sui pedali e sui lati del velocipede catadiottri gialli;
un campanello che deve emettere un suono di intensità tale da poter essere percepito ad almeno 30 m di distanza.
Secondo il codice della strada, i dispositivi luminosi ed il campanello devono essere sempre presenti ed efficienti da mezz’ora dopo il tramonto del sole a mezz’ora prima del suo sorgere, oppure, anche di giorno nelle gallerie, in caso di nebbia, di caduta di neve, di forte pioggia e in ogni altro caso di scarsa visibilità. Al di fuori di tali circostanze, la mancanza o l’inefficienza dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva non sono oggetto di sanzione. Ciò consente di affermare che alcuni tipi di bicicletta, particolarmente diffuse (quali biciclette da corsa, mountain bike, bmx e simili) possono circolare sulla strada anche senza avere tali dispositivi, ma possono essere utilizzati solo di giorno. Nelle gallerie, di notte e nei casi di scarsa visibilità, invece, non possono essere utilizzati sulla strada ma devono essere condotti a mano, rispettando le regole di circolazione valide per i pedoni (utilizzo del marciapiede se esiste o marcia sul lato sinistro della carreggiata).

Trasporto di passeggeri sui velocipedi
Sul velocipede può prendere posto, di norma, solo il conducente salvo che sia appositamente costruito ed attrezzato per il trasporto di altre persone. Non c’è, perciò, un divieto di trasporto di passeggeri sui velocipedi ma è in ogni caso imposto che essi siano sistemati correttamente su sellini, seggiolini o altre strutture costruite appositamente per ospitarli in completa sicurezza, come accade, ad esempio per tandem e risho. Il trasporto di persone sulla canna o sul manubrio, perciò, anche se appartiene alla romantica memoria di tanti momenti immortalati da indimenticabili pellicole cinematografiche, è sempre vietato dal codice della strada.
Sui velocipedi omologati per il trasporto di più persone (risho), in ogni caso, non si possono trasportare più di 4 adulti (compreso il conducente) e 2 bambini di età inferiore a 10 anni.
Il trasporto di bambini sulle biciclette, che non sono attrezzate e costruite per trasportare più di una persona, è ammesso se i minori sono sistemati su idonei seggiolini solidamente fissati alla bicicletta. Il seggiolino può essere collocato sia anteriormente che posteriormente, nel rispetto delle istruzioni di montaggio fornite dal costruttore. Il trasporto del bambino sul seggiolino, che è consentito solo se il conducente è maggiorenne, può avvenire a condizione che siano sempre rispettate le seguenti regole:
il bambino trasportato non deve avere una età superiore ad otto anni;
il seggiolino collocato anteriormente non deve portare bambini di peso superiore ai 15kg;
il seggiolino deve avere un sedile con schienale, braccioli e un sistema di sicurezza per il fissaggio del bambino (in genere attraverso adeguate bretelle) e, soprattutto, un adeguato dispositivo di protezione dei piedi del bambino;
il seggiolino deve essere installato in modo che, durante il trasporto, non siano superati i limiti dimensionali fissati per i velocipedi, non sia ostacolata la visuale del conducente e non siano limitate la possibilità e la libertà di manovra da parte dello stesso.

COSA CONTROLLARE QUANDO SI ACQUISTA UN SEGGIOLINO PER BAMBINI
Ciascun seggiolino deve essere munito di istruzioni illustrate per il montaggio e di indicazioni per l’uso atte a garantire il trasporto del bambino in condizioni di sicurezza, a cui deve essere allegata una dichiarazione che attesti la rispondenza del seggiolino alle caratteristiche fissate dall’art. 225 Reg. cds sottoscritta dal produttore oppure da chi provvede alla commercializzazione.
Sul seggiolino devono essere impressi in modo visibile, anche dopo il montaggio dello stesso, l’anno di produzione ed il nome del produttore ovvero di chi provvede alla sua commercializzazione.

Trasporto di oggetti e animali
Anche per trasportare oggetti ed animali sui velocipedi esistono regole ben precise: è vietato trasportare oggetti che non siano solidamente assicurati, che sporgano lateralmente rispetto all’asse del veicolo o longitudinalmente rispetto alla sagoma di esso oltre i cinquanta centimetri, ovvero che impediscano o limitino la visibilità al conducente. Naturalmente, in nessun caso si possono superare le dimensioni massime previste per i velocipedi (1,30 m di larghezza, 3 m di lunghezza, 2,20 m di altezza).
Anche fido può essere trasportato sulla bicicletta ma deve essere sistemato in modo da non rischiare di cadere o impedire al conducente di essere pronto e sicuro nelle manovre di guida. Il trasporto di animali, infatti, è consentito, purché siano custoditi in apposita gabbia o contenitore saldamente assicurati ed entro i limiti di sagoma che sono stati indicati per il trasporto degli oggetti.


Rimorchi per velocipedi
A tutti i tipi di velocipedi possono essere agganciati rimorchi costruiti appositamente per tali veicoli, a condizione che:
la lunghezza del velocipede e del rimorchio non superi 3 m;
la larghezza massima totale del rimorchio non sia superiore a 75 cm;
l’altezza massima, compreso il carico, non sia superiore a 1 m;
la massa trasportabile, non sia superiore a 50 kg.
Su questi rimorchi è consentito anche il trasporto di bambini, nei limiti sopraindicati.
Per la circolazione notturna o in caso di scarsa visibilità, il rimorchio deve essere equipaggiato con i dispositivi di segnalazione visiva posteriore e laterale previsti per il velocipede che lo traina.

Biciclette a pedalata assistita
Sono assimilati ai velocipedi, anche le biciclette a pedalata assistita, cioè le biciclette dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 KW, la cui alimentazione è progressivamente ridotta ed infine interrotta quando si raggiunge la velocità di 25 km/h o anche prima, se il ciclista smette di pedalare. Si tratta, cioè, di velocipedi in cui un motore elettrico aiuta il conducente nella propulsione fino ad una certa velocità, rendendo meno faticoso il suo movimento. Tuttavia, questo veicolo dotato di motore, proprio per la presenza di tali rigorosi vincoli normativi, deve essere utilizzato in modo coerente con le finalità per cui è costruito. Il motore, perciò, non deve mai funzionare in assenza di pedalata né può avere potenza nominale superiore a quella consentita. L’impiego di un velocipede a pedalata assistita che presenta alterazioni o manomissioni tali da permettergli di superare tali limiti di utilizzo costituisce grave violazione che può avere pesanti conseguenze per il conducente. Infatti, il venire meno anche di una sola di tali caratteristiche (es. un motore ausiliario non elettrico o avente potenza superiore a 0.25 KW oppure l’azione propulsiva solo mediante il motore ausiliario in assenza di pedalata) fa rientrare il veicolo tra i ciclomotori e quindi sorgere l’obbligo dell’assicurazione Rca, dell’omologazione, dell’immatricolazione, della targa e del possesso, per il conducente, del certificato di idoneità alla guida o della patente ed impone l’uso del casco protettivo ed il divieto di trasporto di passeggeri.

Circolazione dei velocipedi sulla strada
La circolazione dei velocipedi e il comportamento dei ciclisti in genere è oggetto di scrupolosa regolamentazione da parte del codice della strada. Il rispetto delle regole da parte di chi conduce tali veicoli assume particolare importanza se si considera che, soprattutto nei centri urbani, si registra una significativa mortalità per incidenti stradale che li vedono coinvolti.
Nel nostro Paese, durante la circolazione con velocipede, non è richiesto l’uso del casco protettivo o di abbigliamento rifrangente per le ore notturne anche se questi due strumenti di protezione possono rivelarsi davvero molto importanti per la sicurezza del conducente di una bicicletta.
Il conducente di un velocipede non può trainare animali al guinzaglio né farsi trainare da altri veicoli a motore. È una regola, purtroppo, spesso disattesa la cui violazione può avere pesanti conseguenze per le persone o per gli animali. Quando, poi, questi ultimi sono in evidente difficoltà nel seguire il padrone che sfreccia troppo veloce sulla bicicletta a cui sono attaccati, si rischia di essere anche incriminati per il reato di maltrattamento di animali.

RICORDIAMO LE PRINCIPALI REGOLE DI CIRCOLAZIONE PER TUTTI I VELOCIPEDI
Per condurre un velocipede non sono necessari requisiti anagrafici particolari né è imposto il possesso di titoli abilitativi o certificati di idoneità. Anche un minore, perciò, può utilizzare un velocipede sulla strada. Tuttavia, se molto piccolo, la circolazione dovrebbe sempre avvenire sotto la diretta sorveglianza di un adulto.
Il conducente deve essere idoneo per requisiti fisici e psichici e, quindi, non può circolare ubriaco o in stato di alterazione da stupefacenti. Le sanzioni per i reati di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, infatti, trovano applicazione anche nei confronti dei ciclisti.
Il ciclista deve rispettare tutte le norme di comportamento valide per i conducenti e, in particolare, le prescrizioni della segnaletica.
In presenza di una pista ciclabile adiacente alla strada e presegnalata dall’apposito segnale, i conducenti di velocipedi hanno l’obbligo di servirsene e non possono mai circolare sulla carreggiata.
La possibilità di circolare sulla carreggiata, insieme agli altri veicoli, perciò, è limitata ai luoghi in cui non siano presenti le piste ciclabili. In tali casi, i velocipedi devono essere condotti tenendosi il più vicino possibile al margine destro della carreggiata stessa, in modo da non intralciare il transito dei veicoli a motore.
Per immettersi nelle carreggiate a traffico veloce o per attraversare le carreggiate stesse, i ciclisti sono tenuti ad effettuare le manovre con la massima cautela evitando improvvisi cambiamenti di direzione.
I ciclisti devono di regola procedere su unica fila e comunque mai affiancati in numero superiore a due. Il rispetto di tale regola, che nei centri abitati è rimesso alla prudente valutazione del ciclista in base alle condizioni della circolazione (es. se il passaggio non è stretto o ingombrante, se non si trova in curva, ecc.), fuori dei centri abitati diviene un preciso ed inderogabile obbligo. In ogni caso è consentito procedere affiancati quando uno dei ciclisti è minore di anni dieci e procede a destra del conducente più anziano.
Le biciclette e gli altri velocipedi possono circolare nelle zone a traffico limitato e nelle aree pedonali urbane. Non possono, invece, circolare sulle corsie riservate ai mezzi pubblici.
La svolta a destra o a sinistra deve essere sempre presegnalata sporgendo lateralmente il braccio.

Trasporto delle biciclette sulle autovetture
Soprattutto per chi vive in città, prima di godere dell’agognato riposo e svago con la propria bicicletta, occorre trasportarla con la propria vettura. Anche tale operazione, che, se mal realizzata può rivelarsi davvero pericolosa, richiede il rispetto di alcune regole fissate dal codice della strada.
In primo luogo occorre che la bicicletta trasportata sia saldamente fissata all’auto. Per garantire la massima sicurezza nel trasporto si può utilizzare un portabagagli o un portapacchi fissato sul tetto del veicolo oppure un portabici collocato, a sbalzo, nella parte posteriore del veicolo stesso. Questi accessori mobili non richiedono visita e prova del veicolo da parte della motorizzazione né l’aggiornamento della carta di circolazione a condizione che siano rispettate scrupolosamente le regole imposte per il loro montaggio ed impiego.
Se si utilizza un portapacchi sul tetto, occorre verificare che questo sia omologato, fissato correttamente e, soprattutto, che il peso degli oggetti trasportati non superi quello massimo ammissibile. Nelle istruzioni di uso e manutenzione del veicolo, in genere, è presente il valore di massimo carico ammissibile sul tetto. Tale limite va assolutamente rispettato non solo per non danneggiare l’auto ma, soprattutto perché, durante la marcia, se si è costretti a brusche frenate, quando il valore di massa degli oggetti trasportati supera quello ammissibile, c’è un rischio molto alto che possano cedere i punti di ancoraggio del portapacchi sul tetto, con la conseguenza di una rovinosa perdita del carico.
L’utilizzazione di sistemi di fissaggio collocati posteriormente a sbalzo, che offre il vantaggio di agevolare le operazioni di carico e scarico della bicicletta, richiede il rispetto di una serie di regole tecniche imposte dal costruttore (v. box).
In ogni caso, nel collocare le biciclette sia sul portapacchi che sul portabici posteriore a sbalzo occorre considerare che esse non possono sporgere anteriormente fuori della sagoma del veicolo, che non possono sporgere lateralmente per più di 30 cm (calcolati dal margine esterno delle luci posteriori), posteriormente per più di 3/10 della lunghezza del veicolo e che, se collocate sopra il veicolo, non si possono comunque superare i 4 m di altezza.

REGOLE PER L’INSTALLAZIONE DEL PORTABICI POSTERIORE A SBALZO
Occorre sempre utilizzare strutture portabici omologate, contraddistinte dalla marcatura CE (numero di omologazione CE, preceduto dalla sigla dello Stato che ha rilasciato l’omologazione) e munite di istruzioni di montaggio che specifichino la possibilità di sicuro impiego sul tipo di autovettura su cui devono essere collocate.
Tali strutture possono essere applicate sotto la completa responsabilità del conducente il quale deve verificare che:
‒    siano correttamente ancorate alla carrozzeria del veicolo, secondo le istruzioni di montaggio fornite da costruttore;
‒    siano rispettati i limiti di sporgenza (3/10 della lunghezza veicolo e 30 cm di sporgenza laterale per ciascun lato) e di sagoma limite previsti per quella categoria di veicoli;
‒    deve essere collocato sulle biciclette un pannello a strisce bianche e rosse indicante la sporgenza posteriore oltre la sagoma del veicolo;
‒    risultino completamente visibili i dispositivi di segnalazione visiva (luci posteriori, stop e terza luce di stop), di illuminazione della targa;
‒    la targa sia sempre ben leggibile; non è consentito, se la targa non è visibile, utilizzare una targa auto costruita collocata sulle biciclette o sul portabici;
‒    le superfici estreme delle strutture non presentino parti orientate verso l’esterno del veicolo suscettibili di agganciare pedoni, ciclisti o motociclisti.
Le strutture portabici possono essere applicate anche utilizzando il gancio di traino nel rispetto del carico verticale ammesso su tale dispositivo (indicato anche nella targhetta di identificazione presente sul veicolo).


COSA SI RISCHIA: SISTEMAZIONE NON CORRETTA DELLE BICICLETTE SUL PORTABICI POSTERIORE
State usando un portapacchi o un portabici non omologato o non montato correttamente?
Siete soggetti a sanzione amministrativa pecuniaria (art. 72 cds – 84 euro).

Avete sistemato le biciclette sul portabici posteriore occultando la vista della targa o dei dispositivi di illuminazione oppure non avete collocato sulle biciclette un pannello a strisce bianche e rosse indicante la sporgenza posteriore oltre la sagoma del veicolo?
Sono previste sanzioni amministrative pecuniarie perché i dispositivi o la targa non sono visibili (art. 164 cds – 84 euro). In questi casi, l’operatore di polizia provvede a ritirare i documenti del veicolo e del conducente fino a quando le biciclette non sono correttamente sistemate. Fino a quel momento, non è possibile circolare pena l’applicazione di gravi sanzioni amministrative (art. 216 cds – 1.988 euro).

PATTINI E ACCELERATORI DI ANDATURA
Coloro che sfruttano strumenti meccanici in grado di accelerare l’andatura come, ad esempio, pattini, tavole a rotelle, skate-board e simili, nonostante non utilizzino veicoli per muoversi, non possono essere considerati come pedoni. A questi soggetti, perciò, il codice della strada vieta la circolazione sui marciapiedi o sulle banchine quando questa può costituire pericolo per l’incolumità dei pedoni. Ma proprio perché gli acceleratori di andatura non sono nemmeno dei veicoli, non possono circolare neanche sulla strada o sulle piste dedicate alle biciclette. Ciò significa che pattini e simili possono essere utilizzati esclusivamente in apposite aree poste fuori della sede stradale.

COSA SI RISCHIA: UTILIZZO DI PATTINI SUL MARCIAPIEDE O SULLA CARREGGIATA
State percorrendo la carreggiata con i pattini o con un acceleratore di andatura?
Anche se non create pericolo o intralcio o seguite le regole di circolazione dei pedoni, non è comunque possibile. C’è una sanzione amministrativa prevista dall’art. 190 cds (25 euro).

Andate sul marciapiede o su una pista ciclabile con i pattini o con un acceleratore di andatura?
Se impegnate una pista riservata alle biciclette, contraddistinta da apposita segnaletica (disco di colore azzurro), è prevista una sanzione amministrativa di 41 euro (art. 7 cds). Se percorrete il marciapiede e state creando effettivo pericolo per la sicurezza dei pedoni, c’è una sanzione amministrativa prevista dall’art. 190 cds (25 euro).

Parlando di regole per l’uso di biciclette e affini, non possiamo confinare il fenomeno al cicloturismo o alla passione sportiva. Sempre più cittadini utilizzano i velocipedi come mobilità alternativa ed ecosostenibile e molti altri ancora opterebbero per questo tipo di trasporto in città se ci fossero più infrastrutture urbane a garantirne la sicurezza. Diamo voce ad uno dei più arrabbiati ciclo-giornalisti che si reca a lavoro a Roma pedalando. Coraggiosamente.

DALLA PARTE DEL CICLISTA
di Alberto Fiorillo*

Il dibattito sulla sicurezza stradale di chi si sposta in bici è spesso parziale, ispirato da una lettura approssimativa delle statistiche e delle esperienze disponibili o, peggio, muove le mosse da pregiudizi fondati su una serie di luoghi comuni alimentati dai media o da scaltri e interessati addetti ai lavori.
Proviamo allora insieme a fare una macabra previsione: tra un mese esatto è il tuo turno, tocca a te morire in un incidente stradale mentre stai pedalando sulla tua bicicletta. Però sei fortunato. Prima del fattaccio ti viene data l’opportunità di cambiare le regole che governano la mobilità e, se fai le scelte giuste, se riesci almeno a dimezzare il rischio di incidentalità stradale nella tua città, puoi sperare di sopravvivere. Hai fatto tutti i riti apotropaici del caso? Bene, procediamo.
1)     La tua scelta è la protezione passiva. Dunque da ora in poi indossi il casco. Risultato: sei morto! La specifica norma comunitaria che definisce i requisiti degli elmetti per biciclette, skateboard e pattini (omologazione EN 1078) prevede che i caschi garantiscano un’apprezzabile protezione solo fino a velocità d’impatto di 25/30 km/h.
2)     La tua scelta è farti vedere. Dunque da ora in poi riempi te stesso e la bici di luci e catarifrangenti. Risultato: sei morto! La quasi totalità degli incidenti che coinvolgono i ciclisti avvengono di giorno, in condizioni di luminosità spesso ottimali. Degli ultimi dieci omicidi stradali di un ciclista, uno solo si è verificato al crepuscolo, gli altri sono avvenuti di mattina o nel primo pomeriggio.
3)     La tua scelta è la tolleranza zero nei confronti di ubriachi e drogati. Risultato sei morto! Anzi, sei morto due volte! Prima che gli effetti di pene più severe facciano sentire i loro effetti sulla sicurezza stradale, il tuo mese è passato e tu fai in tempo a partecipare al tuo funerale e pure a varie cerimonie annuali alla memoria. E poi il tuo obiettivo qual è? Vendicare la tua morte o sopravvivere? Inoltre, bisogna leggere con attenzione le cifre: l’ultima volta che Aci e Istat hanno analizzato statisticamente il fenomeno (nel 2008) è stato rilevato che gli incidenti con morti e feriti imputabili a un alterato stato psico-fisico del conducente sono il 3,12 % del totale. Si tratta, approssimativamente, di 135 casi su 3.860. La quasi totalità delle vittime della strada è provocata da persone in pieno possesso delle proprie facoltà mentali.
4)     La tua scelta è la sensibilizzazione e la promozione di un cambiamento culturale. Risultato: sei morto! Dal 1946 a oggi sono state uccise da incidenti stradali 481.000 persone, circa 40.000 in più rispetto alle vittime italiane della seconda guerra mondiale. È dagli anni Sessanta, dalla motorizzazione di massa, che si parla di promuovere campagne di educazione a partire dai più piccoli, dalle scuole. Non dico che non vada fatto, ma anche ammesso che partisse ora un progetto serio ed efficace, prima di vedere risultati apprezzabili serviranno diverse generazioni e altre migliaia di funerali oltre al tuo.
5)     La tua scelta sono le piste ciclabili. Risultato: sei morto! La via infrastrutturale verso la sicurezza e la ciclabilità è impraticabile per tantissimi motivi. A parte i soldi, è tecnicamente impossibile, ad esempio, realizzare una ciclabile in ognuno dei 68.267 chilometri che costituiscono la sola viabilità ordinaria all’interno dei comuni capoluogo. E anche se fosse possibile, considerando il ritmo di crescita delle ciclabili urbane nell’ultimo ventennio, servirebbero 649 anni e mezzo per assicurare una rete completa di strade riservate alle due ruote.
6)     La tua scelta è la messa in sicurezza delle strade, delle rotatorie, della pavimentazione stradale, dell’illuminazione notturna. Risultato: sei morto! Il pessimo stato delle infrastrutture o la loro inadeguatezza (buche, scarsa illuminazione, rotatorie malprogettate…), secondo le statistiche, è responsabile di una percentuale di incidenti compresa tra lo 0,4 e il 2,3%.
7)     La tua scelta è affidare il tuo destino agli amministratori pubblici. Risultato: sei morto! Anzi, ma dove vivi? Tu chiedi risposte immediate ma la macchina burocratica comporta che gli interventi programmati si sviluppino nell’arco di 10-20 anni. Ma tu hai un mese di tempo, mica puoi aspettare!
Hai esaurito le tue sette vite da gatto e io devo ancora sgombrare il campo da alcuni potenziali equivoci. Bisogna usare il casco, utilissimo soprattutto se cadi da solo, girare al buio senza luci è istigazione a delinquere, è gravissimo che si possa ammazzare la gente guidando ubriachi e rischiando solo una sonora tirata d’orecchi. Bisogna stimolare un cambiamento culturale in questo Paese ed esigere un’azione seria e concreta, vanno fatte le ciclabili lungo quelle arterie dove proprio è impossibile garantire una convivenza armoniosa tra vari mezzi di trasporto, bisogna eliminare le trappole presenti nel manto stradale, nelle rotatorie ad alcuni incroci… Bisogna fare tutto questo, però… Però, osservando analiticamente e scientificamente le cause degli incidenti bisogna essere consapevoli che tutto questo può ottimisticamente portare a una riduzione del 6/8% della mortalità. I 282 ciclisti morti ogni anno potrebbero cioè diventare 260. E tu, purtroppo, sei tra quei 260, perché quei 260 non sono vittime delle buche, del buio, di un alcolizzato, ma del mancato rispetto del semaforo o di una precedenza (20%), della guida pericolosa, di una distrazione o del sorpasso azzardato (25,3%), di manovre irregolari, del mancato rispetto della distanza di sicurezza, di un’inversione a U (28,2%). E alla guida ci sono persone che nel 97% dei casi sono nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali.
Visto che qualunque sia la causa di un incidente è la velocità (nel 100% dei casi) a determinare la gravità delle conseguenze, bisogna per prima cosa agire sulla velocità dei veicoli. Bisogna chiedere agli amministratori pubblici che va ridotta a 30 km/h nei centri abitati e che va fatto adesso, nell’interesse dei ciclisti, dei pedoni, dei motociclisti, degli automobilisti. Ma non basta. Bisogna capire che gli standard attuali della mobilità non sono la normalità, che è assurdo che il 72% della popolazione si sposti in automobile per fare percorsi che nel 70% dei casi oscillano tra i 1.000 metri e i 7 chilometri.
Un’ultima cosa. Nei 30 giorni che avevi a disposizione per cambiare le regole del gioco 23 persone in bici moriranno davvero, uccise dall’impatto con un veicolo a motore.

*responsabile aree urbane Legambiente

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