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Avanti, ma non c’è posto: «Nelle Marche pochi asili nido»

Le Marche sono tra le regioni non ancora in linea con il target europeo secondo l'indagine Ueecop Marche

Una stangata sulle famiglie con un balzo del 27% in soli tre anni della spesa per mandare i figli all’asilo con una copertura del servizio che rimane ampiamente insufficiente e sotto la media europea. E’ quanto emerge da un’analisi dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) in occasione dell’ultimo report Istat 2019 sull’offerta dei servizi all’infanzia. Con 3 bambini su 4 che non hanno il posto al nido – evidenzia Uecoop – si fa sempre più urgente un intervento a livello nazionale che migliori la dotazione sull’accoglienza integrando servizi pubblici e privati che disegnano un’Italia spezzata in due: da una parte le regioni con una dotazione al sopra la media europea del 33% come ad esempio la Valle d’Aosta, la provincia di Trento, l’Emilia Romagna, la Toscana e l’Umbria e altre che invece non raggiungono neppure il livello UE come l’Abruzzo, il Molise, la Basilicata e la Campania che non copre neppure il 9% delle richieste potenziali. 

Le Marche 

Le Marche sono tra le regioni non ancora in linea con il target europeo. Nell’anno scolastico 2017/18 - rileva Uecoop Marche - sono attivi sul territorio marchigiano 376 servizi educativi per la prima infanzia (180 a titolarità pubblica e 196 a titolarità privata). Il 62% dei 9.594 posti autorizzati al funzionamento sono pubblici. I posti disponibili – di cui il 61,7% pubblici – coprono solo il 27,7% dei potenziali utenti, i bambini con meno di 3 anni. La spesa media dei comuni marchigiani per bambino residente è pari a 697 euro l’anno, che colloca le Marche al 12° posto di una classifica in cui primeggia la provincia Autonoma di Trento con 2.235 euro l’anno e chiude la Calabria con 116 euro. 

«L’asilo è ormai un servizio essenziale per la conciliazione tra vita familiare e lavoro – evidenzia Uecoop in una nota – considerato che ogni anno fra gli oltre 49mila mamme e papà che lasciano il proprio posto di lavoro il 36% lo fa proprio per incompatibilità fra i propri impegni di professionali e le esigenze di cura dei figli, il 27% per l’assenza di parenti di supporto e il 9% l’elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato fra asilo nido e baby sitter e o per il mancato accoglimento dei figli al nido. In 7 casi su 10 sono le mamme a dire addio al lavoro, mentre il resto è rappresentato dai papà che però fanno registrare un trend in crescita costante e sono più che triplicati negli ultimi cinque anni. Una situazione che sempre più spesso porta il welfare privato a integrare quello pubblico grazie ad accordi aziendali nei quali ai primi 4 posti dei servizi più richiesti ci sono proprio quelli che riguardano la scuola e l’istruzione dei figli (79%), la salute (78%), l’assistenza (78%) e la previdenza (77%) secondo un’analisi di Uecoop su dati Assolombarda. Per rispondere a questa domanda di assistenza – sottolinea Uecoop – oltre ai servizi tradizionali pubblici e privati che rappresentano l’80% dell’offerta, stanno crescendo offerte alternative come gli asili aziendali per i figli dei dipendenti con il 2% del totale o i mini nido con “tate” le cosiddette “tagesmutter” che seguono piccoli gruppi di bambini in grandi appartamenti attrezzati pari all’1% diffusi soprattutto nelle grandi città e a livello regionale in Trentino Alto Adige. Tutti questi servizi – sottolinea Uecoop - sono spesso realizzati insieme a cooperative in grado di offrire personale già formato e locali adatti ma è urgente – conclude Uecoop - potenziare l’offerta per mettere il servizio sull’intero territorio nazionale al livello della media europea».
 

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