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Giornalisti minacciati, il coraggio nasce in ambito locale

In Italia un giornalista su 10 subisce gravi minacce e intimidazioni. Il coraggio di denunciare questi attentati alla libertà di stampa nasce dai giornali locali che non rinunciano a raccontare il loro territorio

Ieri sera c'è stato il quarto appuntamento con il Festival del Giornalismo d'Inchiesta città di Osimo. Sono stati ospiti della serata Marilena Natale (giornalista de La Gazzetta di Caserta e premio nazionale “Agenda Rossa Paolo Borsellino), Alberto Spampinato (direttore dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione). Ha moderato l'incontro il giovane Gerardo Adinolfi (giornalista di Repubblica).

Il tema affrontato è stato quello della parte più pericolosa della professione del giornalista: il rischio di essere minacciati o intimiditi. Proprio di questo parla il libro e-book di Gerardo Adinolfi, dal titolo “La donna che morse il cane. Storie di croniste minacciate”, che racconta la storia di 5 donne giornalista che pagano la loro ricerca della verità, mettendo a rischio la propria serenità e incolumità.

Spampinato, il cui fratello è stato vittima proprio della mafia, ha detto chiaramente che siamo in un paese in cui la libertà di stampa è in pericolo e ha fatto riferimento alla ormai famosa classifica di “Freedom House”: all'interno di un'Europa in cui la stampa è sostanzialmente libera, l'Italia viene classificata come “parzialmente libera”, insieme all'area della penisola Balcanica. Questo per tre motivi: la proprietà dei giornali è concentrata in poche persone, c'è un conflitto di interessi mai risolto tra chi fa politica e chi fa informazione, troppi giornalisti vivono sotto scorta o subiscono gravi intimidazioni. Spampinato, dall'alto della sua posizione di direttore di un Osservatorio dedicato proprio a questi casi, ha fatto molti esempi di come, soprattutto giornalisti che lavorano in ambito locale, rischino di essere isolati per voler raccontare cose di cui altri non hanno il coraggio di parlare. Sono situazioni che non si creano solo per chi indaga sulla criminalità organizzata, ma anche per chi va a toccare i nervi scoperti di gruppi di interesse politico o sportivo.

Festival Giornalismo Natale Adinolfi Spampinato  (2)-2Ha poi parlato Marilena Natale che ha descritto la sua terra, Casal Di Principe, come di un paese che ha assistito al suicidio dello Stato. Per questo ha scelto di fare la giornalista: per raccontare quello che succedeva e per tentare di cambiare le cose. Lei, nonostante abbia dovuto ascoltare un'intercettazione telefonica in cui qualcuno diceva che la volevano ammazzare, sia stata minacciata e percossa e abbia ricevuto a casa una busta con dei proiettili, non ha mai rinunciato a raccontare gli affari che la mafia fa nella sua Campania. Lei, quando qualcuno ha tentato di intimorirla, dicendole che sapevano dove vivesse insieme alla sua famiglia, ha risposto che era meglio che l'ammazzasse subito, se no lo avrebbe mandato in galera e così è stato.  Marilena Natale è la prova vivente che si può anche dire di no ad un camorrista, che lo si può denunciare, processare e condannare.

Soprattutto Marilena Natale è la prova vivente che il coraggio viene in primis dai giornalisti di periferia e dalle testate dei giornali di provincia. E' lì che nasce la notizia: come ha detto anche Spampinato l'inchiesta, spesso, prima di diventare nazionale e di interesse collettivo, è una notizia locale che prende forma sul territorio. Ecco dunque come, i primi a raccontare di una questione nazionale come la mafia, siano i giornalisti locali che vogliono raccontare la loro terra, come Marilena.




 

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