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Martedì, 23 Aprile 2024
Economia

Tasse, gli autonomi pagano circa 20 miliardi in più dei giganti del web

I dati e il commento di Confartigianato Imprese Ancona, Pesaro e Urbino

Le micro e piccole imprese italiane con meno di 5 milioni di euro di fatturato - costituite prevalentemente da artigiani, piccoli commercianti e partite Iva – nel 2019 hanno versato 21,3 miliardi di euro di imposte erariali in più rispetto alle web companies presenti in Italia. E’ quanto emerge dall’analisi di Confartigianato: due anni fa, l’aggregato delle controllate appartenenti al settore del WebSoft ha registrato un giro d’affari nel nostro Paese di 7,8 miliardi di euro; il numero di addetti occupati in queste realtà era di oltre 11 mila unità, mentre al fisco italiano hanno versato solo 154 milioni. Nello stesso anno, invece, il popolo delle partite Iva, con meno di 5 milioni di fatturato, ha generato un fatturato di 814,2 miliardi e il contributo fiscale giunto all’erario da queste 3,3 milioni di piccole realtà è stato di 21,4 miliardi di euro: un importo di circa 140 volte superiore al gettito versato dalle multinazionali del web.

«Una situazione insostenibile – commenta il Presidente di Confartigianato Imprese Ancona – Pesaro e Urbino, Graziano Sabbatini – che mostra quanto sia grande lo squilibrio del prelievo fiscale tra le piccole e le grandi imprese tecnologiche, che la pandemia ha ulteriormente accentuato». Grazie al boom del commercio elettronico, ad esempio, in questi ultimi 15 mesi le multinazionali del web presenti in Italia hanno aumentato ulteriormente i ricavi, mentre la grandissima parte delle micro e piccole imprese ha subito una contrazione degli incassi, non adeguatamente ripianati neanche dai vari provvedimenti emanati per ristori e sostegni. «Il carico fiscale che ricade sulle piccole e medie imprese ha raggiunto livelli preoccupanti e non più sostenibili - aggiunge il Segretario Marco Pierpaoli - che nemmeno le misure anti Covid, approvate fino adesso, hanno contribuito ad alleviare». Se il livello medio di tassazione delle big tech è, secondo l’Area studi di Mediobanca, al 32,1%, nelle nostre piccolissime realtà si aggira attorno al 60%: praticamente quasi il doppio. «Quello che è necessario - prosegue Pierpaoli - è abbassare drasticamente il peso delle tasse sulle piccole attività, come Confartigianato chiede da tempo. Anche in questa fase di ripartenza, che salutiamo positivamente, le imprese hanno necessità di essere sostenute, e pagare meno imposte è una delle priorità attuali. In questo modo sarà possibile risanare i bilanci, martoriati da mesi di chiusure forzate, e dare respiro a tantissimi micro e piccoli imprenditori giunti al limite delle forze».
Si ricorda anche l’accordo siglato tra il Parlamento europeo e il Consiglio europeo, che impone alle multinazionali, alle loro controllate con un fatturato annuo di oltre 750 milioni di euro e che operano in più di un paese, di pubblicare e rendere accessibile l’importo delle imposte versate in ciascun Stato membro. «Una questione di trasparenza - aggiungono Sabbatini e Pierpaoli - che non va più sottovalutata, come è avvenuto per anni. Serve maggiore equità di trattamento e finalmente qualcosa si muove in questa direzione».  «Importante, inoltre - commentano Presidente e Segretario - il risultato raggiunto con l’accordo appena preso dai ministri delle finanze del G7, che prevede l’introduzione di un’aliquota globale minima del 15% per le grandi imprese globali, compresi i giganti del web. Le aziende poi pagheranno le tasse in tutti i Paesi in cui fanno business, non solo in quello dove hanno il quartier generale. I criteri di ripartizione vanno ancora definiti, ma è un ottimo inizio».
 

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