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Cronaca

La vita ai tempi del Coronavirus: «Io infermiere non vedo le mie 3 figlie da mesi»

«Ogni volta che le sento la più grande di 5 anni mi dice "Papà avevi promesso che tornavi da me"»

«Sono un infermiere che sta combattendo come tanti suoi colleghi questa "guerra", è un mese circa ormai che non vedo più le mie 3 figlie (la più piccola ha 3 mesi) se non tramite un telefonino e ogni volta che le sento la più grande di 5 anni mi dice "Papà avevi promesso che tornavi da me". Sa signor Conte, io quello che le chiedo è solo di mantenere queste restrizioni anche oltre i termini stabiliti perché ho la paura che così come, secondo me, è stato tardivamente chiuso il confine tra nord e centro-sud (dove doveva esser subito chiamato l'esercito per evitare che "incoscienti" si muovessero e infettassero persone innocenti), così all'arrivo del picco, alla sensazione che ci sia un miglioramento legato ai numeri delle infezioni, alla riduzione dei ricoveri e dei decessi e all' aumento dei guariti, non vorrei che, mal consigliato, possa riaprire le strade e ricominciare l'infezione con i tanti asintomatici che non sanno di essere positivi (come lo credo possa esser io: ho colleghi asintomatici positivi e altri sintomatici negativi). Per questo le dico che sono disposto a rinunciare ad un'altro mese senza la mia famiglia purché possa garantir loro che il sacrificio che sto facendo impedisca che possa far del male ai miei cari. Io i primi giorni mi chiedevo se avessi fatto la scelta giusta ad allontanarmi dalla mia famiglia ma poi ascoltando alcuni miei colleghi con i propri cari in casa, che tornati dal lavoro devono cambiarsi vestiti e scarpe, correre a farsi una doccia e "sterilizzarsi" il più possibile e nonostante tutte queste premure mangiare lontano dai figli, usare sempre la mascherina e dover rispondere a un figlio di 2 anni "non posso baciarti"...be' si sono proprio fortunato. Nel ringraziarla del lavoro che sta svolgendo. Cordialmente, un'umile infermiere». 

Daniele Spina

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