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Cronaca Cupramontana

Si è fumato una sigaretta dopo aver ucciso suo figlio, la Procura: "Processatelo subito"

Sono concluse le indagini dei Carabinieri del Nucleo Investigativo, mentre ora l’avvocato Raffaele Sebastianelli ha i giorni contati per preparare una contro richiesta di rito abbreviato

Ha lasciato che il piccolo si sedesse sul sedile posteriore dell’auto, si è messo dietro anche lui, al fianco di suo figlio, lo ha guardato e poi gli ha stretto le mani intorno al collo fino a fargli esalare l’ultimo respiro. Fino a privarlo della vita. Poi è rimasto lì, come attonito, si è acceso una sigaretta e se l’è fumata accanto al corpo senza vita del suo bimbo. Solo alla fine ha spento la cicca nel posacenere posteriore della macchina e ha avvisato i parenti rimasti in casa. A loro, con tono pacato, ha poi parlato di un banale incidente. Già, perché in un primissimo momento la sua versione era stata quella di un banale incidente auto mentre faceva manovra. Ma non c’è mai stato alcun incidente. Lo ha confessato proprio lui poche ore dopo ai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Ancona. Sono stati i militari dorici a ricostruire nei minimi dettagli i momenti di follia di Besart Imeri, il papà killer di Cupramontana che il gennaio scorso ha ucciso Hamid: il figlioletto di 5 anni. Lo ha strozzato con le mani nella sua auto parcheggiata davanti casa. Era nell'appartamento di via Bonanni con i parenti quando quel pomeriggio, ad un tratto, si è alzato, ha preso per mano suo figlio e ha detto alla moglie: «Noi usciamo a fare una passeggiata, vado a comprare le sigarette». Poi il dramma. Gli inquirenti non solo non hanno dubbi sulla colpevolezza dell’uomo, ma sono certi che il papà, dopo tutto, non abbia fatto nulla per salvare il suo Hamid. Ha anzi temporeggiato. Ed è anche per questo che la titolare del fascicolo, la pm Valentina Bavai, ha chiuso le indagini chiedendo al Gip di procedere con il giudizio immediato nei confronti del 25enne albanese, oggi ancora in carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato. 

Ma anche quando sembra tutto scontato, i Carabinieri hanno il dovere di vagliare ogni possibilità e anche di fronte una confessione, si è indagato a fondo per verificare se Imeri non fosse da un'altra parte quando il bambino è morto. No, tutto torna pr gli inquirenti. Infatti nel lasso di tempo che intercorre tra l'stante in cui il medico legale fa risalire il decesso per asfissia e le 19 circa quando è scattato l'allarme al 118, Besart Imeri non è stato visto da nessuna parte in paese. Nè in una tabaccheria dove comprare le sigarette, né in una farmacia dove acquistare i farmaci per la depressione che lo stava attanagliando da quando aveva perso il lavoro. Nessun dubbio sul fatto che l'albanese fosse lì al momento dell’omicidio e che non se ne fosse mai andato. Nessun dubbio sul fatto che, ad uccidere Hamid, sia stato il padre di cui si fidava per istinto naturale. 

Ora l’avvocato Raffaele Sebastianelli ha i giorni contati per preparare una contro richiesta di rito abbreviato. E se fino ad oggi l’indagato ha sempre confermato di essere stato mosso da una forza sovrannaturale, sarà anche necessario capire le reali capacità di intendere e di volere di un uomo che, di recente, aveva cominciato a frequentare il Centro di salute mentale di Jesi, dove gli avevano prescritto degli ansiolitici per recuperare il sonno di tante notti passante a rimuginare su chissà quali pensieri. 

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