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Cronaca

Conero, trappole per ciclisti: la testimonianza della vittima

Ecco la testimonianza diretta della vittima che lunedì scorso é incappato in una trappola per ciclisti. Un tiro mancino da parte di chi avrebbe avuto tutta l'intenzione di colpire direttamente gli appassionati di mountain bike

«Non pedalo con la stessa spensieratezza di prima. Ora sono più attento quando scendo, ma non voglio rinunciare alla bici. Non ho paura». Parla così Stefano Schirru, il 49enne di Ancona incappato in una trappola per ciclisti il giorno di Pasquetta. Un tiro mancino da parte di chi avrebbe avuto tutta l’intenzione di colpire gli appassionati di mountain bike. Schirru, insegnante di scuola media, si è preso un bello spavento. Poi la scoperta choc: la caduta era dovuta ad un filo spinato teso tra due alberi e posto ad altezza ruota. Per il biker solo ferite lievi ma poteva andare molto peggio. Il fatto è grave, per cui il Corpo Forestale dello Stato ha aperto un’indagine per identificare il responsabile.

«Quando ho colpito il filo di metallo ho sentito come uno strattone e sono andato contro un albero - racconta Schirru - Ho sbattuto in modo abbastanza forte una prima volta e poi ho colpito un’altra pianta con il lato destro della faccia e dell’orecchio. A quel punto la bici si é girata e sono caduto. Mi sono spaventato perché non sentivo più niente dal dolore. Poi ho trovato filo di ferro, ho capito e sono ripartito pianissimo». Insomma una brutta esperienza, che però non ha fermato la passione dell’atleta. «L’altro ieri sono tornato in giro con la mia bici - prosegue il 49enne - Certo, lo spirito non é dei migliori e quando scendo guardo sempre verso il basso, però è anche vero che rinunciare significherebbe legittimare chi ha messo queste trappole. Magari se ho più tempo giro da altre parti, ma non significa che io e i miei compagni dobbiamo smettere di scendere in bici sul nostro monte Conero».

Legittimo. Ma intanto i biker anconetani sono in allerta. Sul web ci si organizza per aggirare le trappole. Qualcuno ha proposto di andare in gruppo e, di fronte ad ogni sentiero, a turno un ciclista scenderebbe piano per controllare. Se è tutto regolare, manderebbe un messaggio sul cellulare degli altri che a quel punto sarebbero liberi di lanciarsi lungo il percorso. Un modo forse un po’ laborioso per fare sport e vivere la natura,ma che dovrebbe essere temporaneo. Almeno fin quando gli inquirenti non abbiamo scoperto l’identità del “guastatore” del Conero .

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