Tom Tattoo, 40 anni di tatuaggi fronte mare: «Un amore nato a Seattle, quella volta che mi tatuai sul porto»
Domenica 18 dicembre nello studio di Tom Tattoo in via XXIX Settembre si brinda ai 40 anni di attività. E’ stato il primo tatuatore delle Marche. Il quinto studio di tatuaggi in Italia. Oggi è storia dell’arte dell’inchiostro sulla pelle
ANCONA - La storia del tatuaggio moderno è profondamente legata alla tradizione e alla cultura marinaresca. I vecchi portuali, i vecchi marinai, erano loro a farsi incidere sulla pelle disegni e simboli strettamente legati alla vita di mare. Rondini, velieri, la rose dei venti, sirene. Sono disegni tornati prepotentemente in voga da qualche anno e oggi quello stile si chiama, appunto, old school. Ecco, Tommaso Buglioni, in arte Tom Tattoo, fa parte, seppure non anagraficamente, di quella old school italiana. Perchè fu tra i primi in tutto il Paese ad aprire uno studio di tatuaggi. E la sua bottega s’affaccia proprio sul mare d’Ancona. Anzi, sul porto. «Perchè la prima volta che mi tatuai fu a Seattle in uno studio sul porto - racconta Tom - e accanto a me c’erano due marinai new yorkesi. Era il 1982. Tornai in Italia e cominciai ad appassionarmi a questa forma d’arte». E dopo anni di esercizio e gavetta, nel 1987 aprì il suo primo studio. Proprio dove si trova ora. «Anzi - tiene a precisare Tom - qualche portone più in giù».
L’esperienza
Il tratto di Tom è inconfondibile: netto, preciso, un solco sulla pelle. Come si faceva una volta. «Quarant’anni di questo lavoro mi hanno regalato l’esperienza - racconta - e l’esperienza unita alla passione fanno sì che si possa continuare a crescere e guardare al futuro con fiducia e voglia di fare sempre meglio». Oggi il mestiere del tatuatore è completamente diverso da com’era un tempo. Intanto oggi il tattoo è una moda, ce l’hanno praticamente tutti. Mentre quarant’anni fa non era così comune. Ma soprattutto oggi si diventa tatuatori anche tramite un apposito corso di formazione erogato dalle associazioni di categoria. «Una volta si imparava in bottega - racconta Tom -, era tutta un’altra cosa. Ed è quello il vero percorso che andrebbe fatto». Parola d’ordine: gavetta. «Tre anni a bottega da un tatuatore esperto - spiega - partendo dal fare le pulizie dello studio, perchè l’ordine e la pulizia stanno alla base di questo mestiere. E poi non si pensi che fare il tatuatore voglia dire fare i soldi. Qui ci vuole prima di tutto la passione, non bastano le settecento ore di formazione e il diploma che viene rilasciato».
I premi e i riconoscimenti
Tom con la sua arte ha girato il mondo. Stati Uniti, Europa, Asia. Nel suo studio troneggiano medaglie e coppe. Tutti premi e riconoscimenti ricevuti nelle numerose convention a cui ha partecipato. Ma quella volta che gli è rimasta particolarmente nel cuore era a Parigi, nel 1994. «Ero in convention - racconta - si avvicina un ragazzo lussemburghese, sfoglia il book dei miei lavori e decide di farsi tatuare da me. Mi chiede: “saresti in grado di farmi una corona di serpenti che mi prenda tutta la schiena?”. Certo, ho risposto. Si siede e cominciamo l’opera. Cinque ore di lavoro. A quel punto il ragazzo decide di partecipare al contest. Ho vinto il primo premio come miglior tatuaggio della giornata». Oggi, invece, anche il mondo delle convention è cambiato. «I tatuatori arrivano allo stand con gli appuntamenti preconfezionati - spiega Tom - mentre allora era tutto spontaneo».
Uno su tutti
Di tatuaggi ne ha fatti migliaia. Di ogni genere. Un periodo Tom era diventato lo specialista dei biomeccanici: tatuaggi che rappresentavano circuiti sottopelle. Poi c’è stato il periodo dei tribali. Di velieri, pin up, ragnatele e teschi ne ha fatti a tonnellate. Per non parlare di ritratti, lettere, pugnali e cuori. Ma proprio un cuore l’ha colpito più degli altri: «un giorno venne in studio una ragazza accompagnata dal padre - racconta - era sordomuta e il padre mi spiegò che sua figlia voleva tatuarsi un cuore avvolto in una fascetta con su scritto “beep”. Chiesi perchè quella parola. Il papà mi rispose che quello era il primo suono che sua figlia sentì quando mise per la prima volta l’apparecchio acustico. Fu veramente toccante».