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Cronaca

Casa inagibile e stalla distrutta, lo Stato non c'è e gli aiuti arrivano dalle associazioni

Dal terremoto del 30 ottobre, l'azienda agricola non ha più avuto alcuna comunicazione da parte delle istituzioni. «Se non c'erano le associazioni non ce l'avremmo fatta» ha detto Paola

Tra il silenzio delle montagne innevate si ode greve il belare delle pecore. Quelle sopravvissute dopo l’ultima scossa di terremoto che ha fatto crollare l’ovile dell’azienda agricola Marchese a Monte San Martino, a pochi chilometri da Amandola, nell’entroterra maceratese. Una piccolissima impresa già funestata dai terremoti di fine ottobre che resero inagibile la casa colonica dove avevano vissuto per 30 anni Marino Marchese e la moglie Paola Carraro, da quando si trasferirono da Bolzano inseguendo il sogno di creare un caseificio biologico, che oggi offre anche percorsi di reinserimento lavorativo agli ospiti della vicina comunità di San Cristoforo. I primi di novembre, i tecnici della Protezione Civile avevano dichiarato off limits la casa, proponendo ai due allevatori di trasferirsi sul litorale, ma hanno rifiutato. Non potevano abbandonare gli animali e fare avanti e indietro ogni giorno era impensabile. Da quella volta Marino e Paola vivono dentro i container insieme ai loro 8 dipendenti. Non certo grazie alla macchina statale della ricostruzione perché, dopo i terremoti di ottobre, per rivedere qualcuno che rappresentasse le istituzioni su quel fazzoletto di campagna, è stato necessario un altro terremoto, quello del 16 gennaio. Ne avrebbero fatto a meno tutti. Sono però arrivati subito i vigili del fuoco aprendosi un varco nella muraglia bianca formatasi dopo le abbondanti nevicate. Ennesima scudisciata ad un territorio già traumatizzato. Fatto sta che un nuovo tetto sulla testa di Marino, Paola e dei loro dipendenti è stato possibile grazie allo sforzo della rete di solidarietà che ha visto protagonisti associazioni e centri sociali del territorio.

REPORTAGE - L'urlo delle Marche dimenticate

Le stesse sono tornati nei giorni scorsi perché oggi i due allevatori devono affrontare una nuova sfida: risollevarsi dalla distruzione di una stalla che ha ucciso diversi capi di bestiame. Sabato scorso la macchina del sociale si è rimessa in moto e tutti quei ragazzi, che mesi fa erano riusciti a portare 3 container abitativi, sono tornati a Monte San Martino. C’erano quelli del Mercato Bio Mezza Campagna insieme ai ragazzi del centro sociale "Arvultura" di Senigallia, i giovani delle associazioni A2O, ORA e Spazio Heval di Ancona, arrivati a bordo di un pick up 4x4 messo a disposizione dal ristoratore dorico Paolo Bonetti con un carico di 100 litri d’acqua. L’aveva chiesta Marino dopo che il crollo dell’ovile aveva distrutto le tubature idriche. «Senza di voi non ce l’avremmo mai fatta» ha sempre ripetuto Paola a quei ragazzi che, in una giornata, hanno lavorato duro per aiutare gli allevatori colpiti dal terremoto. Come? Hanno costruito una mensola dove porre gli aiuti alimentari. Hanno liberato dalla neve le ventole dei condizionatori dei container, riportando l’elettricità. Hanno sgombrato le stalle dalle lamiere pericolanti, puntellando le travi in legno dove possibile. Infine hanno creato un varco nella sala della mungitura dove poter arrivare con il trattore. 

Volontari aiutano gli allevatori dopo il terremoto

«Siamo contenti e orgogliosi di proseguire nella nostra esperienza nelle zone del terremoto seguendo questo approccio perché da qui si capisce lo spessore della politica - ha detto Matteo Pignocchi di A2O Ancona - Non solo si vedono i risultati ma ci scontriamo con una disorganizzazione, guardando in faccia la disperazione dei cittadini che, di fronte un caso di emergenza vera, non sanno a chi rivolgersi. Qui è crollata la fiducia nei confronti delle istituzioni e questa solidarietà ci porta a riflettere sulla necessità di trovare un altro modo di fare politica». Alla fine della giornata l’azienda agricola Marchese ha potuto affrontare le difficoltà di una vita che perde i pezzi per colpa di un terremoto che non si limita a distruggere, ma si accanisce sui marchigiani nati e cresciuti nella culla degli Appennini. E’ durissima per Marino e Paola che, dopo aver perso la casa, avevano reagito con forza e determinazione. Ma ora, dopo aver visto crollare la stalla e morire i propri animali, la rabbia lascia lo spazio alla rassegnazione che, forse anche grazie all’impegno sociale di quei ragazzi della provincia di Ancona, non è diventata disperazione. «Mentre tornavamo pensavo che se ogni associazione in Italia si offrisse di prestare aiuto ad un’azienda, una casa, una fattoria, parleremmo di un’altra storia - ha ribadito con una punta di amarezza Pignocchi - Noi comunque andiamo avanti. Ho promesso a Paola che saremmo tornati. Noi non li lasciamo soli». 

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