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Cronaca

Ogni giorno 200 tamponi, Grinta (Asl Marche) «Il problema non è l'analisi ma la carenza dei reagenti»

L'agenzia di stampa Dire ha intervistato Roberto Grinta, Direttore del Dipartimento dei Servizi Asl Marche (Area Vasta 2)

Più di 4.098 i test positivi per SARS-CoV-2 effettuati nella regione Marche da quando la pandemia è scoppiata. I numeri riflettono una fotografia non confortante ma la situazione sembra essere in miglioramento. A dare respiro agli ospedali principali arriva anche quello da campo della Marina Militare allestito in prossimità dell'ospedale Carlo Urbani di Jesi, che la Regione Marche ha chiesto e ottenuto dalla Protezione civile. C'é poi la questione relativa ai tamponi: perché finora non é stato possibile estenderli quanto più possibile? I nuovi test rapidi sono affidabili? Su questo l'agenzia di stampa Dire ha intervistato Roberto Grinta, Direttore del Dipartimento dei Servizi Asl Marche (Area Vasta 2): «Una circolare del ministero della Salute di qualche giorno fa prevede espressamente che il tampone venga eseguito a tutto il personale medico e non medico che lavora a contatto con pazienti Covid».

Voi come vi state organizzando? «L’analisi dei tamponi per Covid-19 é una procedura semplice. Tuttavia durante la fase di questa emergenza Coronavirus si sono registrate numerose difficoltà, prima di tutto a reperire lo strumento (estrattore) e quindi i reagenti, perché provenienti principalmente dagli Stati Uniti. E poi le regioni del Nord hanno avuto una priorità nell'approvvigionamento rispetto a tutte le richieste espletate perché l'epidemia lì é scoppiata prima rispetto al resto delle regioni italiane. Lo stato dell'arte, come si può facilmente immaginare, impone delle scelte differenti da regione a regione. Le scelte strategiche di alcune regioni sono orientate ad eseguire tamponi alla popolazione ed operatori sanitari mentre altre solo ad alcuni soggetti sintomatici e/o paucisintomatici. La procedura che la maggior parte delle regioni stanno attuando é quella di effettuare tamponi ai soggetti sintomatici secondo un ordine di priorità. Solo per dare un'idea hanno la priorità: i pazienti ospedalizzati con SARI, cioé i pazienti con gravi infezioni respiratorie acute (al fine di informare la gestione clinica appropriata, comprese le misure di isolamento e uso DPI da parte del personale); gli operatori sanitari sintomatici, anche con sintomi leggeri, indipendentemente dal fatto che siano stati in contatto con un caso confermato. Questo per proteggere gli operatori sanitari e ridurre il rischio di trasmissione nosocamiale. E ancora, i primi individui sintomatici in un ambiente chiuso come ad esempio le residenzialità per anziani, RSA, carceri, ospedali al fine d'identificare rapidamente i focolai e garantire misure di contenimento. Naturalmente laddove sia ancora possibile contenere la diffusione virale si tende a testare i casi sospetti secondo la definizione ministeriale vigente, nei soggetti a rischio. E cioé coloro che hanno un'eta' maggiore a 70 anni, una insufficienza renale cronica in dialisi, una insufficienza cardiaca classe III e IV NYHA, Cirrosi epatica stadio B, pazienti con anamnesi di evento cardio o cerebrovascolare, diabete insulinodipendente o con complicanze. E ancora chi presenta una insufficienza respiratoria cronica in ossigenoterapia, la mucoviscidosi, gli immunodepressi e quei pazienti che sono sottoposti a chemioterapia oncologica, terapia immunosoppressiva, con farmaci biologici o con corticosteroidi. Ma non fanno eccezione nemmeno i soggetti affetti da HIV (non controllata o con CD4 < 200/nm3), coloro che hanno malattie ematologiche maligne, neoplasia metastatica. Donne in gravidanza e chi presenta una obesità grave (IMC >40)».

Queste raccomandazioni confliggono però con la realtà e le possibilità dei laboratori di processare i test? «E’ importante, a mio avviso, che una regione abbia ben chiaro l'obiettivo: a cosa serve il tampone e a quali soggetti deve essere eseguito. Si stanno predisponendo test dal sangue capillare, che sono più rapidi, ma ancora la sensibilità é poco specifica ma penso che nell'arco di 10 giorni potrebbero essere validati dal ministero. In questi casi la ricerca e' eseguita sul siero, per gli Anticorpi IGM e IGG. Questo test, rapido sarà sicuramente utilizzato sul personale sanitario per capire chi può restare a lavorare e chi no». 

Quanti tamponi riuscite a processare ogni giorno? «Esistono strumenti che sono in grado di processare anche 400 campioni al giorno. Ma se questa capacità non é garantita e non vi é disponibilità, alcuni campioni devono essere congelati. A quel punto eseguire la determinazione dopo oltre 48 ore non ha più senso. La Regione Marche in un primo momento, secondo le disposizioni del ministero della Salute, ha individuato un solo laboratorio regionale. Successivamente é stato individuato anche un laboratorio per provincia per un totale di 6 (5+1 AOR Ancona). In definitiva la capacità giornaliera varia nella nostra Regione, anche perché dipende dalla disponibilità dei reagenti, in quanto i tamponi sono eseguiti sul territorio ed a soggetti ricoverati per una media giornaliera di 400 per provincia per un totale di 2.000 campioni».

Sembrano restare esclusi dal discorso i positivi che sono in domiciliare e tutti i paucisintomatici. Come si può esser sicuri che non si infettino ad esempio i familiari? E poi non bisognerebbe screenare anche i contatti di queste persone per esser sicuri che si interrompa la catena del contagio? I tamponi sierologici e i rapidi e a basso costo potrebbero essere una nuova strada da percorrere? «Oggi i soggetti positivi vengono 'gestiti' a domicilio. Alcune regioni si stanno attivando con le Usca. I soggetti domiciliari positivi, quando si presentono i sintomi, devono far riferimento al medico delle USCA per iniziare la terapia antivirale, che ha una durata di circa 10 giorni. A casa il paziente con Covid e gli eventuali familiari che vivono con lui devono utilizzare i dispositivi di protezione individuale per evitare nuovi contagi. In ogni caso, il soggetto positivo deve essere isolato dai suoi familiari, e non deve venir in contatto con loro. Coloro che hanno avuto un contatto ravvicinato con il soggetto positivo devono stare in quarantena e quindi fare il tampone. Una volta comunque terminata la terapia, se il soggetto non ha più sintomi, si devono eseguire due tamponi consecutivi per vedere se e' ancora positivo. Qualora terminata la quarantena il soggetto risulti ancora positivo deve rimanere in quarantena per un'altra settimana e quindi eseguire il tampone. Mentre il soggetto 'sano', che cioé non risulta più positivo per Covid-19 dopo 14 giorni può rientrare al lavoro».

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