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Cronaca

Spese pazze, Filippini innocente: «Ho festeggiato con il cliente, ora basta politica»

Parla l’ex imputato della vicenda “spese pazze" dei gruppi consiliari. Ad oggi è l’unico ad avere in tasca una sentenza di proscioglimento passata in giudicato

Alle 23 di venerdì scorso Andrea Filippini si trovava a Roma, per concordare con un cliente alcuni dettagli di lavoro relativi a una consulenza. Qualche isolato pià in là, al Palazzaccio di piazza Cavour, i suoi legali Laura Versace e Luciano Pacioni stavano discutendo la sua posizione sulla vicenda “spese pazze” davanti ai giudici della Corte di Cassazione. Per l’ultima volta. Quando gli avvocati lo hanno chiamato al telefono e gli hanno detto che era stato definitivamente prosciolto dall’accusa di concorso in peculato, Filippini ha avuto la conferma di quello che ha sempre saputo e sostenuto: «Non c’entravo niente». Un sospiro di sollievo? «No, perché ero già tranquillo, sapevo che sarebbe stata solo questione di tempo- ha commentato Filippini- quando ho appreso la notizia ero con il cliente ed è stato lui a dirmi che a quel punto bisognava festeggiare, perciò abbiamo brindato con un goccio di Franciacorta». Da quel brindisi in poi, Filippini con gli altri 65 coinvolti nei vari gradi di giudizio non c’entra più nulla. La sentenza della Cassazione ha confermato quella emessa dal gup nel settembre 2016 e ad oggi il 35enne anconetano è l’unico del filone marchigiano ad avere in tasca una sentenza passata in giudicato. E adesso? Si riaprono le porte della politica? «Assolutamente no, quell’esperienza è stata formativa ma ho chiuso. L’inchiesta però non c’entra nulla. A Roma mi hanno chiesto di impegnarmi a livello parlamentare e ad Ancona molti amici ogni cinque anni mi invitano a candidarmi alle comunali, ma quel mondo non fa per me. Oggi sono un consulente di diritto amministrativo e un professore a contratto». La presidenza del Consiglio Comunale di Ancona e la palma di assessore più giovane d’Italia sono ormai vecchi ricordi.

L’accusa caduta

Filippini è entrato nell’inchiesta spese pazze non con il ruolo politico, che aveva già abbandonato, ma con quello di consulente per il gruppo consiliare dell’Idv. Aveva lavorato a una consulenza specialistica che serviva ai consiglieri per la stesura di mozioni e interpellanze. Per quella prestazione ha percepito circa 30mila euro, indebitamente secondo la procura. «Io e i miei avvocati abbiamo prodotto circa 2000 pagine di documenti e siamo riusciti a dimostrare che quei soldi erano stati presi per le finalità del gruppo e come da contratto. E’ chiaro che non avevo preso fondi pubblici, perché non ne avevo il controllo né il possesso». La questione era anche di mero diritto perché proprio il ruolo di consulente anziché di politico, secondo i difensori, il gup e infine la stessa Casazione, imponeva alla procura un’analisi specifica e differente delle accuse.

Il calvario

Come si esce di casa sapendo di stare nel giusto ma con i riflettori della giustizia puntati addosso? «In quell’inchiesta mi sono semplicemente trovato nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, ma tutti quelli che conoscevo e che mi conoscevano sapevano che non c’entravo. Certo non mi ha fatto piacere, anche se ho sempre avuto fiducia nella magistratura. Ora sono felice che la verità sia emersa, ma lo sarei stato di più se la mia posizione fosse venuta fuori prima. Invece ci siamo dovuti arrivare in Cassazione». Il momento più duro? «Leggere il mio nome sui giornali, soprattutto perché una certa stampa mi ha messo nel calderone senza articolare la mia posizione, c’è voluto un po' prima che aggiustassero il tiro»


 

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