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Dai corsi di francese alle cene con i parenti, ecco le spese a carico della Regione

Sono partiti 66 avvisi di conclusione indagini con destinazione consiglieri della Regione Marche e relativi collaboratori dei gruppi, accusati di peculato. Ma c'è anche una singola posizione a cui si aggiunge l'accusa di truffa

Le Marche nella bufera dopo che la Procura di Ancona ha chiuso le indagini sulle presunte “spese folli” dei gruppi consiliari della Regione. Secondo i militari della Guardia di Finanza di Ancona, gli indagati avrebbero attinto dalle casse pubbliche per spese che nulla avevano a che fare con la politica. Rimborsi che non rientravano tra quelli previsti dalla legge sul “Finanziamento dell'attività dei gruppi consiliari” (L.r. 10/08/88 n° 34) o non erano collegati ad attività istituzionali o, nella migliore delle ipotesi, non erano sufficientemente documentati. L’indagine, che abbraccia 2 legislature (dal 2008 al 2012), è arrivata alla conta finale, 66 indagati tra consiglieri e assistenti. Tutti accusati di peculato, cioè quando un pubblico ufficiale si appropria indebitamente di soldi pubblici. Tutti tranne una singola posizione, a cui viene contestato anche il reato di truffa

Ma dove sarebbero finiti questi soldi pubblici? Secondo le accuse del pm Giovanna Lebboroni, c’è di tutto. Massimo Binci (presidente del gruppo monoconsiliare Sinistra Economia e Libertà) avrebbe speso migliaia di euro per farsi rimborsare trasferte, benzina e soggiorni in albergo, pagati anche ad un vecchio compagno dell’ex Pci che poco avrebbe a che fare con l’attività consiliare e con la Regione. E poi dovrà anche spiegare perché far pagare alla Regione un corso di francese costato 56 euro. L’inchiesta coinvolge tutti, anche il presidente della Regione Gian Mario Spacca, a cui viene contestata la spesa di 700 euro in un negozio di ottica. Poi c’è il consigliere Franco Capponi (Forza Italia, poi Ppe-Pdl), che nel 2008 avrebbe ceduto ai peccati di gola spendendo migliaia di euro per confezioni natalizie con dentro ogni ben di Dio: formaggi, miele, torte, mostarda, vini, spumanti, dolciumi, liquori, olio tartufato e persino lardo di Colonnata. Ha preferito la tecnologia il consigliere Mirco Ricci (Ds, poi L’Ulivo e oggi Partito Democratico), a cui le fiamme gialle contestano una fattura di quasi 2mila euro per un pc di ultima generazione. Sarà interessante capire come farà Paolo Eusebi (Italia Dei Valori) a spiegare l’importanza istituzionale di una cena da Mc Donald’s, 3 bottiglie di Verdicchio e un pacchetto di sigarette. Un acquisto non meno particolare di quello di Dino Latini (Api - Liste Civiche Italia), che si è fatto rimborsare un frigo. E un frigo da tavolo lo ha comprato anche il consigliere Franco Sordoni (Italia dei Valori) per 180 euro. Più piccante invece il rimborso chiesto da Raffaele Bucciarelli (Federazione della Sinistra Pdci-Prc), che avrebbe speso 16,80 euro per il libro “Il piacere delle donne”, utile per conoscere la sessualità femminile ma meno utile alle politics regionali. Lo stesso Bucciarelli che, sempre secondo gli inquirenti, avrebbe speso migliaia di euro per far stampare volantini e manifesti per eventi politici, come quello del 2010 intitolato, neanche a dirlo, “La questione morale”, in cui fu ospite Oliviero Diliberto. Ipotesi anche per l'assessore Maura Malaspina (Udc), che nel 2010 avrebbe speso più di 2mila euro per una cena da 20 invitati, tra cui anche dei bambini. Tutti appuntamenti e acquisti che per gli investigatori non hanno mai avuto nulla che vedere con l’attività politica e il ruolo di chi era stato investito di quel ruolo. 
Al di là di tutto c’è la posizione più difficile, che è quella dell’assessore Paola Giorgi, a cui viene contestato di aver fatto finta di risiedere a Matelica, quando in realtà avrebbe vissuto ad Ancona, per avere gioco facile nei rimborsi di trasporto. 

Il resto è un fiume in piena di rimborsi per viaggi, soggiorni fuori regione, benzina, convegni, pedaggi autostradali, parcheggi a pagamento, stampa di manifesti e volantini politici, diritti di affissione, ricariche telefoniche, beneficenza, francobolli, cene con parenti, pranzi, creazione e gestione di siti web. Tutto a spesa del contribuente. E guardando quanto emerso dalle inchieste delle altre regioni, più che di spese folli si potrebbe parlare di inopportuni peccati di avarizia, che ora inguaiano non poco i politici. 

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