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Cronaca Fabriano

Promettono soldi a chi investe in oro: azzerati risparmi di casalinghe e pensionati

Fra gli individui truffati vi sono casalinghe, pensionati, dipendenti pubblici, professionisti, che in alcuni casi hanno perso somme fino a 100.000 euro

FABRIANO - Aveva messo in piedi una vera e propria organizzazione, con tanto di aziende in Italia e Svizzera e diversi collaboratori. Questi ultimi erano incaricati di attirare risparmiatori con la promessa di facili guadagni al ”prezzo” di una somma d’ingresso. L’uomo, fabrianese residente in Svizzera, è stato identificato dalla Guardia di Finanza di Ancona  e di Fabriano come la mente del sistema strutturato con lo schema piramidale “Ponzi”. L’operazione chiamata “Alchimista” ha portato alla denuncia di 10 persone. L’indagine è nata da un controllo sulla circolazione transfrontaliera di capitali eseguita dalle Fiamme Gialle al confine di Ponte Chiasso. Dai successivi approfondimenti, eseguiti anche tramite accertamenti su ben 375 rapporti bancari in Italia, Regno Unito, Austria ed Emirati Arabi, è stato ricostruito che il fabrianese aveva messo in piedi una vera e propria organizzazione. Lo schema utilizzato era quello delle vendite piramidali, chiamate in gergo “schema Ponzi” dall’omonimo ideatore o più comunemente indicate come “catene di Sant’Antonio”. Praticamente si vendeva una posizione all’interno di una struttura a schema piramidale, dove al vertice c’è una persona che vende ad altri soggetti la possibilità di entrare ai livelli sottostanti, promettendo grandi guadagni in cambio del pagamento di una quota d’ingresso. Dopo aver pagato l’accesso alla struttura, a loro volta queste persone, attirate dalla promessa di facili guadagni, ne introdurranno altre nella “piramide” e così via. 

Il modus operandi

Nel caso specifico, l’ignaro investitore veniva attratto nella rete degli organizzatori della frode millantando degli investimenti in lingotti d’oro o, a seconda delle somme da investire disponibili, in piante di “Paulonia”, vegetale di pregio di origine orientale il cui legno viene utilizzato nell’edilizia e nell’industria del mobile. Le persone interessate all’affare venivano invitate ad effettuare delle visite guidate presso un ufficio dell’organizzazione in Svizzera, dove venivano ricevute singolarmente previo appuntamento, e alle quali veniva mostrato un caveau con cassette di sicurezza che custodivano un certo quantitativo di lingotti d’oro, così da avvalorare l’affidabilità dell’organizzazione.  Alla vista del metallo prezioso il cliente veniva quindi rassicurato, e indotto di conseguenza ad incrementare ulteriormente l’investimento iniziale richiesto per entrare nel sistema, che nel caso dell’oro era di 10.000 euro e multipli. 

L’altro settore d’investimento proposto,  era quello legato alla vendita di lotti di alberi di “Paulonia”, il cui legno di valore era asseritamente destinato alla produzione di mobili per grandi catene di distribuzione. In questo caso l’investimento proposto era legato sia alla vendita delle piante al termine del ciclo di sviluppo delle stesse, oltre che ad un profitto annuale che veniva riconosciuto con delle fantomatiche “cedole all’investitore”, versando una quota d’ingresso, in questo caso, di 7.500 euro. In realtà, ricostruiscono i finanzieri, le piante non sarebbero mai state messe a dimora, ma fittiziamente vendute solo sulla carta.  Una volta versata la quota d’ingresso, per accrescere i guadagni prospettati l’investitore era spinto a invitare nuovi “clienti” nel sistema e per ogni persona portata all’organizzazione riceveva una somma in percentuale, così avvalorando ancor più la bontà dell’affare. In questo modo le persone cadute nella rete hanno coinvolto una crescente schiera di amici e parenti, allettati dai facili guadagni riferiti dalle persone a loro vicine. In realtà l’organizzazione, dopo aver riconosciuto delle commissioni a chi aveva introdotto nuovi investitori nel sistema, raggiunto un certo volume di denaro sottraeva gli  importi con l’obiettivo, secondo le accuse, di truffare i malcapitati. 

Le vittime

Le indagini hanno permesso di individuare 170 persone vittime della truffa a partire dal 2015 e residenti nelle province di Ancona, Fermo e Macerata. Fra gli individui truffati vi sono casalinghe, pensionati, dipendenti pubblici, professionisti, che in alcuni casi hanno perso somme fino a 100.000 euro, bruciando così tutti i propri risparmi. Gli approfondimenti effettuati dalle Fiamme Gialle hanno permesso di ricostruire, quindi, un rilevante flusso di operazioni finanziarie per un totale di circa 6 milioni di euro. 

Le denunce

Al termine delle indagini, l’autorità giudiziaria di Ancona ha emesso 10 avvisi di conclusione indagini nei confronti dell’organizzatore della frode, attualmente detenuto in Svizzera per altri reati, e dei suoi collaboratori. Le accuse sono di truffa, appropriazione indebita, autoriciclaggio e abusiva attività finanziaria, con l’aggravante della transnazionalità. 

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