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Cronaca

L'INCHIESTA | Sanità pubblica regionale in rosso: superati i tetti di spesa per oltre 290 milioni. Incubo payback per i fornitori

Il Decreto Legge del 6 luglio 2022 certifica il superamento dei tetti di spesa sui dispositivi medici. Si mette in moto la macchina per la quantificazione delle quote di rientro da parte delle aziende fornitrici

ANCONA - Il provvedimento era rimasto silente fino al 6 luglio del 2022, quando con l’emanazione del nuovo Decreto Ministeriale le Regioni hanno cominciato a quantificare le quote di rientro, in capo alle aziende fornitrici di dispositivi medici, per il ripiano dello sforamento dei tetti di spesa. Una manovra che ha fatto sobbalzare le aziende subito corse ai ripari per vie legali. La materia è alquanto intricata e cavillosa, ma intanto è bene partire da un dato certo: la sanità pubblica marchigiana ha sforato, e non di poco, seppure in linea con la maggior parte delle regioni italiane, il tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi medici. Nel quadriennio per ora al centro della questione (2015-2018) la cifra ammonta a ben 292 milioni e 197 mila euro.

Lo sforamento 

Con la legge 111 del 2011 è stato introdotto un tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi medici. Inizialmente fissato al 5,2% del Fondo Sanitario Nazionale, a decorrere dal 2014 è sceso al 4,4%. In seguito, però, con la manovra finanziaria 2015, è stato stabilito che, in caso di sforamento del tetto da parte di una regione, una percentuale (pari al 40% nel 2015, al 45% nel 2016 e al 50% a decorrere dal 2017) della spesa in eccesso dovesse essere rimborsata dalle imprese fornitrici, ciascuna pro-quota in base all’incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa nella regione in questione. Risultato: nelle Marche le aziende fornitrici dovrebbero contribuire al recupero del 40% dello sforamento totale, che equivale a 136 milioni e 589 mila euro. Una cifra che, divisa proporzionalmente per ciascuna azienda fornitrice, ne metterebbe seriamente in discussione la sopravvivenza. «Se il governo nazionale non prenderà in mano la situazione, sarà il collasso dell’intero comparto e della sanità italiana - annuncia allarmato il presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti -. Anche nelle Marche sono molte le aziende che rischiano il tracollo».

L’appiglio

Ad oggi, a livello nazionale, sono oltre 400 i ricorsi al Tar Lazio da parte delle aziende fornitrici di dispositivi medici. Tra i possibili appigli a cui si aggrapperebbero i ricorsi, oltre alla presunta incostituzionalità dell’istituto, c’è quello che riguarda le cosiddette regioni Benchmark, o virtuose. Ovvero con i conti a posto. Le Marche ne farebbero parte in quanto, sebbene gli obiettivi economici della sanità pubblica non siano stati rispettati, tutte le altre aree in attivo riporterebbero il bilancio complessivo in sostanziale equilibrio. Ma sempre secondo la legge del 2011 le regioni virtuose, dunque non soggette a piani di rientro, non dovrebbero chiedere nulla alle aziende fornitrici di dispositivi medici. Va detto che ad oggi la Regione Marche non ha inviato alcun sollecito alle imprese, se non un avviso relativo all’avvio del procedimento secondo cui gli uffici starebbero definendo gli elenchi delle aziende fornitrici soggette al ripiano per gli anni 2015-2016-2017-2018. «Il procedimento è partito - conferma l’assessore regionale alla sanità, Filippo Saltamartini - come previsto dalle disposizioni pubblicate in Gazzetta Ufficiale. Le società interpellate potranno interloquire e rispondere sulle loro condizioni. Acquisiremo tutto ciò che avranno da dire». Dunque la partita è appena cominciata. Ma già si preannuncia un inverno incandescente sul piano delle battaglie legali. 

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