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Cronaca

Università: ricercatori Univpm sequenziano DNA di un “fossile vivente”

Sequenziato il genoma del celacanto, una scoperta epocale per lo studio dei vertebrati. Nell'équipe di ricerca, docenti del Dipartimento di Scienze della Vita e dell'Ambiente del Politecnico delle Marche

Per chi si occupa di sapere come i geni dei vertebrati si siano evoluti, poter analizzare un esemplare di celacanto è stato fino a oggi un obiettivo che sembrava irrealizzabile. Il celacanto è infatti un pesce rarissimo, piuttosto grosso (può essere lungo più di un metro) che vive alla profondità di oltre 100 metri e che possiede caratteristiche pinne carnose simili a zampe. Si pensava fosse estinto finché fu scoperto casualmente nelle Isole Comoro in Africa nel 1938 e gli fu dato il nome di Latimeria chalumnae in onore di Marjorie Courtenay-Latimer curatrice del piccolo museo di storia naturale a East London in Sud Africa, che lo scoprì fra le molte specie che le venivano portate dai pescatori locali.

Oggi, un team internazionale di ricercatori è riuscito a ottenere l’intero genoma di questa specie le cui origini e storia sono tanto misteriose quanto affascinanti. L’importanza biologica di questo “fossile vivente”, che presenta una forma rimasta immutata nel corso di 300 milioni di anni, deriva dal fatto che, assieme a un altro gruppo di pesci chiamati pesci polmonati (o dipnoi), era considerato dagli scienziati come possibile anello di congiunzione fra i vertebrati acquatici (pesci) e i vertebrati terresti (tetrapodi), e quindi un nostro lontanissimo antenato.

I risultati del sequenziamento del DNA genomico della Latimeria sono stati pubblicati il 18 aprile dalla prestigiosa rivista Nature, e alla difficile e tecnicamente complessa realizzazione hanno partecipato un gruppo di ricercatori italiani appartenenti all’Università Politecnica delle Marche del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente (la professoressa Adriana Canapa, il professor Ettore Olmo, e i dottori Marco Barucca, Maria Assunta Biscotti, Mariko Forconi), in collaborazione con il gruppo di ricerca del professor Giuseppe Scapigliati (Università della Tuscia di Viterbo) e con il gruppo di ricerca del professor Alberto Pallavicini (Università di Trieste).
Il team internazionale capeggiato da ricercatori dell’Università di Washington a Seattle (professor Chris Amemiya) e del MIT e dell’Harvard University di Boston (Broad Institute, doctor Jessica Alfoldi) è composto da 40 gruppi di ricerca di 12 nazioni di tutti i continenti.

Il sequenziamento del genoma del celacanto (costituito come quello umano da 3 miliardi di basi) ha fornito un’enorme quantità di dati che hanno consentito di confermare che i geni di questo animale evolvono più lentamente rispetto sia ai pesci che ai vertebrati terrestri. Altre importanti informazioni riguardano i processi fisiologici e gli adattamenti che possono essere collegati al passaggio dalla vita acquatica a quella terrestre, in particolare lo sviluppo dell’arto, l’escrezione di sostanze azotate, le difese immunitarie, e la percezione degli odori.

Ora, in seguito al sequenziamento del suo DNA, è stato possibile capire che non sono i celacanti, bensì i dipnoi i diretti antenati dei vertebrati che hanno colonizzato la Terra circa 400 milioni di anni fa. I celacanti quindi costituiscono un ramo dell’albero dell’evoluzione che non ha portato a successivi particolari sviluppi.
Questo straordinario risultato permette di riscrivere il capitolo della biologia sull’evoluzione dei vertebrati e dimostra come la cooperazione scientifica internazionale consenta lo sviluppo di grandi progetti difficilmente realizzabili da singoli gruppi di ricerca ma in grado di produrre risultati la cui importanza spesso supera le aspettative iniziali.

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