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Cronaca

Processo bis sulla strage di Corinaldo, sentito l'ex comandante dei carabinieri: «Le salme arrivavano in ospedale senza nome»

Il maggiore Cleto Bucci è stato tra i primi ad arrivare alla Lanterna Azzurra. «Pensavamo ad una maxi rissa, abbiamo trovato la strada sbarrata da una massa di persone». Dalla testimonianza di un maresciallo invece non emergono controlli sulle transenne amovibili che avrebbero impedito alla folla di superare la rampa della tragedia 

ANCONA – La vista delle prime vittime, i soccorsi sollecitati perché «c'erano solo due ambulanze» e la gestione dei primi interventi in uno scenario apocalittico mai visto tanto che «le salme arrivavano in ospedale senza nome». Seconda udienza oggi, al tribunale di Ancona, per il processo bis per la strage della Lanterna Azzurra di Corinaldo, quello che dovrà accertare le eventuali responsabilità sulla sicurezza del locale e le procedure svolte per autorizzarlo a pubblico spettacolo. In aula sono proseguite le testimonianze di quella notte maledetta, quando tra il 7 e l'8 dicembre del 2018 morirono cinque minorenni e una mamma di 39 anni, schiacciati da una folla in fuga per lo spruzzo di una sostanza urticante. Tra i testi sentiti c'è stato il maggiore Cleto Bucci, ex comandate dei carabinieri di Senigallia. E' stato tra i primi, delle forze dell'ordine, ad arrivare in discoteca. Quel giorno doveva uscire per controlli notturni, all'una, quando il figlio del suo autista ha chiamato il padre per avvisarlo che a Corinaldo era successo un disastro. «Subito abbiamo immaginato che poteva esserci stata una maxi rissa – ha detto il maggiore – perché in passato erano capitati problemi del genere. Arrivati poi su non si riusciva ad andare oltre la strada perché era sbarrata da una massa di persone. Ho dovuto proseguire a piedi». Bucci ha raccontato, davanti ai pm Valentina Bavai e Paolo Gubinelli, e davanti alla giudice Francesca Pizii, di aver visto subito le prime due vittime, «due ragazze, le stavano rianimando, erano Emma Fabini e Asia Nasoni». Dalle sue parole anche un altro toccante ricordo, quando ha visto delle persone che sorreggevano un ragazzo, «scuro al volto e con gli occhi sbarrati, era Daniele Pongetti». Piena l'aula  di giustizia al quinto piano del tribunale, quella di solito usata per le udienze collegiali. Oltre agli avvocati degli imputati e delle parti civili c'erano anche diversi parenti delle vittime e amici ad assistere all'udienza, la seconda del procedimento bis che vede imputati, oltre alla società Magic srl che gestiva la discoteca, anche il vigile del fuoco Rodolfo Milani, il responsabile del Suap Massimo Manna, Francesco Tarsi, ingegnere ingaggiato dalla società, Maurizio Magnani, tecnico della famiglia Micci proprietaria dell'immobile, l'ex sindaco di Corinaldo Matteo Principi, Francesco Gallo dell'Asur Area Vasta 2 Senigallia, Massimiliano Bruni, perito esperto di elettronica, Stefano Martelli della Polizia Locale e uno dei soci, Quinto Cecchini.

Le accuse, a vario titolo, sono cooperazione in omicidio colposo plurimo, lesioni, disastro colposo, falso ideologico e apertura abusiva di un locale. A testimoniare c'è stato anche un maresciallo della sezione rilievi del comando provinciale dei carabinieri. A Corinaldo è arrivato alle 4.20 quella notte e si è messo subito al lavoro per i primi rilievi. Sulle balaustre della rampa dell'uscita numero 3, quella incriminata e dove si sono contati i sei morti della Lanterna, ha detto di aver visto molta ruggine. «Il materiale era piegato in più punti tanto che non si distingueva più cosa fossero», ha detto il maresciallo. Ai lati ha descritto che c'era una folta vegetazione «ormai pressata dai fatti accaduti, tronchi anche dal diametri di dieci centimetri, schiacciati al suolo e arrampicante avvolto attorno alle balaustre, con rami grossi che per ripulirle abbiamo dovuto usare le seghe elettriche». Le difese dell'ex sindaco di Corinaldo Matteo Principi, le avvocate Marina Magistrelli e Monica Clementi, hanno fatto una osservazione al maresciallo, se nel sopralluogo fatto da lui ha visto transenne amovibili in fondo alla rampa. Transenne che avrebbero impedito alla folla di uscire e che avrebbero creato un tappo che forse si poteva evitare. Il carabiniere però ha risposto che «non è stato oggetto del mio sopralluogo». In apertura di processo oggi sono stati fatti vedere anche diversi filmati di quella notte: immagini riprese durante la serata, durante la tragedia e dopo. Ascoltati anche alcuni giovani fruitori della discoteca che quella notte erano lì. Prossima udienza il 20 gennaio.

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