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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Ponte crollato in A14, la verità delle perizie: il primo a cedere è stato un pilastro

C’è poi la questione sicurezza, per cui i lavori sarebbero stati sprovvisti di un qualsiasi sistema di blocco del sollevamento del ponte nel caso in cui ci fossero stati degli imprevisti

Il primo a cedere sarebbe stato un pilastro appoggiato sulla vecchia base del ponte e che sosteneva un martinetto mentre sollevava il cavalcavia. E’ quanto emerge della relazione del professor Luigino Dezi del dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Architettura della Politecnica delle Marche, incaricato dal pm Irene Adelaide Bilotta di effettuare una perizia sul ponte della A14 crollato il 9 marzo 2017, uccidendo sul colpo Emidio Diomede e Antonella Viviani. A quasi un anno e mezzo dalla tragedia la Procura di Ancona è certa di aver fatto ormai luce su quanto sia accaduto, mentre sono scaduti i termini di indagine per il reato di omicidio colposo e sono ancora in vigore quelli relativi al reato di disastro colposo

Ma che cosa sono i pilastri in questione? Si tratta di travi di ferro cave di sezione quadrata di diametro di circa 20 x 20 centimetri alti circa 1,30 metri. Alle estremità hanno delle lastre quadrate di metallo (indicata nella foto in basso) e hanno il compito di “contrastare” lo sforzo dei martinetti durante lo sforzo di sollevamento dell’enorme blocco di cemento. A far scivolare il ponte dunque sarebbe stato il movimento di uno di questi pilastri perché posizionati in modo non simmetrico per cui, durante il sollevamento del ponte, il peso di quest’ultimo si è distribuito in modo non uniforme, creando così un sovraccarico su uno dei pilastri e sul relativo martinetto. Così il ponte ha roteato sul suo asse orizzontale fino a cedere sull’asse autostradale. Non un errore banale perché quei pilastri sarebbero dovuti essere posizionati in modo preciso. Soprattutto non un singolo errore, semmai una serie di sbagli. Infatti, sempre secondo quanto ricostruito dai tecnici anconetani, quei pilastri erano stati posizionati male anche a seguito dei progetti ingegneristici considerati poco dettagliati ed eccessivamente generici. Inoltre i martinetti avrebbero lavorato troppo velocemente, sollevando il manufatto con eccessiva potenza, andando così ad accentuare lo sbilanciamento del baricentro del peso. 

C’è poi la questione sicurezza, sulla quale ha lavorato l’altro perito: il professor Michele Pierri. Cosa sarebbe mancato da parte delle ditte incaricate dell’operazione? Di un qualsiasi sistema di blocco del sollevamento del ponte nel caso in cui ci fossero stati degli imprevisti. E forse anche della più importante delle premure: quella di chiudere la tratta autostradale sede del cantiere. Un’idea, quest’ultima, sicuramente al centro del dibattito di un eventuale processo penale. 

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