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Cronaca

Operaio ferito al cantiere, arrestato il collega per tentato omicidio: «Colpito con una picchetta»

L'aggressore dell'operaio 23enne si è presentato in Questura ammettendo di aver colpito il giovane al culmine di una lite. Risponderà di tentato omicidio

Ha 39 anni e si è presentato spontaneamente negli uffici della Questura per raccontare agli investigatori che l’operaio 23enne ferito al cantiere navale lo aveva aggredito lui. Il 39enne bengalese, collega dell’operaio ferito, è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio e si trova nel carcere di Montacuto. Secondo quanto raccontato da lui stesso e poi sviluppato nelle indagini della squadra Mobile di Ancona, l’aggressione è avvenuta al culmine di una banale lite (IL VIDEO). Dal lavoro degli agenti, coordinati dal capo della Mobile Carlo Pinto e dal pm Serena Bizzarri, è emerso che alla base di ciò che è accaduto lo scorso 3 giugno c’è stata un’accesa discussione su tempistiche di lavoro non rispettate. Nessun caso di caporalato, dunque, ma neppure un infortunio sul lavoro come sembrava inizialmente. In seguito all’arresto, l’uomo è stato sospeso dal lavoro dalla stessa ditta. Il martello usato per l'aggressione non è ancora stato trovato. 

Secondo le ricostruzioni, il 39enne ha sfilato dalle mani dell’operaio la picchetta con la quale quest’ultimo stava lavorando, per poi colpirlo al cranio. Entrambi lavoravano per la stessa ditta, che opera in subappalto alla Fincantieri (aziende estranee alla vicenda).

carlo pinto-14-3Tutti e due sono operai, l’aggressore con un ruolo leggermente più importante di quello della vittima. Il 23enne è tuttora in coma farmacologico all’ospedale di Torrette, dove era stato portato con un trauma cranico e conseguente crisi epilettica. L’aggressore è stato arrestato ieri pomeriggio dopo l’accertamento di quanto dichiarato da lui stesso. Il quadro indiziario, per gli uomini della Mobile, ha confermato il racconto, anche se sono stati necessari approfondimenti e altre testimonianze. «Alle dichiarazioni dell’uomo abbiamo dovuto accorpare una serie di elementi indiziari, che tutti insieme hanno permesso di sostenere l’accusa» ha spiegato Carlo Pinto. 

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