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Cronaca Montirozzo / Via Carlo Crivelli

Delitto di via Crivelli, il 18enne aveva con sé due caricatori e una scatola di proiettili

E ora gli investigatori stanno indagando proprio sull’arma per capire da dove arrivi e soprattutto come mai il giovane killer fosse in possesso di quell'arma e di tutti quei proiettili al seguito

Si è presentato nell’appartamento della famiglia Giacconi con una pistola calibro 9x21, 2 caricatori pieni e una scatola da 50 colpi. In totale aveva 86 proiettili Antonio Tagliata, il 18enne che sabato scorso ha sparato ai genitori della sua fidanzatina, prima uccidendo Roberta Pierini e poi ferendo il marito Fabio Giacconi, in coma irreversibile al reparto di Rianimazione dell’ospedale regionale di Torrette. Ne sono sicuri i Carabinieri di Ancona, che hanno scoperto il tutto nel cassone dell’immondizia di via Bonarroti, proprio dietro la palzzina dove si è consumata la tragedia. Lì c’era la pistola con la matricola abrasa, dettaglio che farebbe pensare ad una provenienza illecita, forse riconducibile alla criminalità organizzata. Fatto sta che per gli inquirenti non ci sono dubbi: è quella l’arma del delitto. Una follia omicida sfogata contro la coppia di adulti, contrari all’idea che la figlia, studentessa di liceo, frequentasse un giovane che non studiava e non lavorava. Un rapporto nato 4 mesi fa, quando i due si sono incontrati ad una festa, poi si sono frequentati, sempre insieme, in una simbiosi ossessiva. Tanto che inizialmente il padre di lei avrebbe anche acconsentito ad una sorta di convivenza della figlia col 18enne. Poi la rottura totale quando l’ufficiale di Marina ha scoperto certi trascorsi giudiziari di Carlo Tagliata, padre di Antonio. Un’opposizione diventata malattia per il 18enne, al punto di sparare. E ora gli investigatori stanno indagando proprio sull’arma. Come è potuta arrivare una pistola clandestina in mano ad un giovane di Ancona? Perché Antonio aveva con sé tutti quei colpi? Intanto domani si svolgerà l'udienza di convalida del fermo giudiziario di fronte al Gip. Udienza attesa anche per la 16enne che, subito dopo i fatti è stata interrogata dalla pm della Procura Minorile Anna Wengher alla quale avrebbe detto di non aver mai saputo della pistola: «Quando Antonio ha sparato sono rimasta impietrita. Non doveva finire così. Eravamo andati lì per un chiarimento. Dopo ho seguito Antonio perché avevo paura». Sono queste le parole di una ragzzina che solo in questi giorni sta razionalizzando quanto accaduto. Già lei avrebbe avuto paura. Eppure la Procura Minorile del capoluogo le contesta le stesse accuse del fidanzato: omicidio volontario e tentato omicidio. Stamattina l'avvocato Paolo Sfrappini ha espresso l'intenzione di chiedere al Tribunale per i Minori di nominare gli zii tutori della minorenne, attualmente in un centro di prima accoglienza. 

VERSIONI CONTRASTANTI. E forse nell'interrogatorio di garanzia, si potrà anche fare chiarezza su alcuni dettagli di quelle ore di sangue. Infatti, ad oggi, i racconti dei due giovani non coincidono. Almeno in due punti. Il primo è il momento in cui si sono visti alla fermata dell’autobus di piazzale Europa dove i fidanzati si sono dati appuntamento per poi andare insieme ad affrontare i genitori di lei. Secondo quanto raccontato da Tagliata, lei sapeva della pistola perché l’aveva vista. Fatto smentito dalla ragazza. Poi i due sono arrivati al civico 9 di via Crivelli e sono saliti. Lei aveva le chiavi. Ha aperto e hanno iniziato a parlare con i genitori nel salone. Il diverbio è degenerato. A quel punto, secondo la versione di lui, Giacconi lo avrebbe aggredito ed è in qeull'istante che avrebbe udito la fidanzatina urlare: «Spara, spara» e così lui ha tirato fuori la pistola e ha sparato. Cosa in contrasto con la versione di lei che, anzi, sarebbe rimasta choccata vedendo quell’arma nelle mani del fidanzato, l’uomo che amava e che, in un lampo, ha sparato, distruggendo la sua famiglia. 

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