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Cronaca Monsano

Aggressione a sprangate dopo la discoteca, parla l'amico: «Lo hanno massacrato»

La difesa tenterà di far capire come, per quanto grave fosse il contesto, l'aggressione non avrebbe mai visto la partecipazione del 19enne. Sì, perché sarebbe stato il 20enne a colpire la vittima con la spranga ma lui procederà con rito abbreviato

MONSANO - «Lo hanno massacrato. Non sono intervenuto mentre lo malmenavano perché ero bloccato dalla paura» Gli tremano le mani mentre ricorda quella sera: la notte da incubo del 12 ottobre scorso quando il suo amico 22enne di Filottrano venne preso sprangate in faccia fuori da una discoteca di Monsano. Il motivo? Non è mai emerso. Fatto sta che lui è uno dei testimoni principali e ieri si è seduto sul banco dei testi per raccontare al giudice monocratico Paolo Giombetti quella notte di follia, quando una normale serata in discoteca si trasformò in un incubo da cui, forse ancora oggi, fa fatica a uscire. Per quell’espisodio sono finiti sotto accusa U. S., 19 anni e A. D. R. 20 anni, entrambi italiani di origini rom. Il primo seguirà il processo ordinario mentre il secondo procederà con rito abbreviato. 

LA TESTIMONIANZA. Ieri ha parlato proprio lui, l'amico che era lì quando il filottranese finì all’ospedale con la faccia massacrata. Costituitosi anche lui parte civile tramite l’avvocato Laura Versace, ha raccontato di essere uscito dalla discoteca intorno alle 4 in attesa di alcuni amici. A quel punto si sarebbero presentati 5 ragazzi accerchiandolo. Uno, poi identificato come A. D. R., gli avrebbe chiesto dove fosse il suo amico. A chi si refieriva? Non è mai stato chiaro come non lo era quella sera e rispose di non capire. Fu colpito prima con uno schiaffo e poi con una sprangata sul collo, che gli provocò un brutto ematoma. Solo a quel punto sarebbe intervenuto il 22enne di Filottrano: «Ma che cosa state facendo al mio amico?». Lì si è scatenata la follia in stile Arancia Meccanica. Quello col tubo di metallo si sarebbe diretto verso il 22enne. Prima un colpo in faccia pesantissimo. Poi un altro e ancora. Mente il branco infieriva con calci e pugni. «Al pestaggio hanno partecipato anche gli altri del gruppo tranne uno, che si é avvicinato a me intimandomi di consegnargli il cellulare e io glielo ho dato» ha poi detto il testimone che, con voce rotta, ha spiegato: «E’ stato un massacro di minuti. Non potevo aiutarlo. Avevo paura». Terrorizzato al punto da mentire, omettendo di avere un’idea di chi fossero gli aggressori. «Nell’immediatezza ero confuso e avevo paura per la mia incolumità, ai Carabinieri non dissi chi fossero perché avevo paura di ritorsioni». Alla fine il testimone ha identificato senza esitazioni i suoi aggressori in alcune fotografie, riconoscendo in A. D. R. in clolui che usò la spranga mentre U. S. coluic che gli avrebbe preso il cellulare con la forza.

La difesa di U. S., rappresentata dall’avvocato Francesca Petruzzo, tenterà di far capire che, per quanto grave il contesto, l’aggressione non ha mai visto la partecipazione del suo cliente. Sì, perché sarebbe stato il 20enne come testimoniato anche dalla vittima. Per lui i legali Francesco Linguiti e Silvia Pennucci hanno chiesto al giudice di revocare i domiciliari con il braccialetto per detenuti. Istanza rigettata in attesa dell’udienza con rito abbreviato. 

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